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martedì 27 ottobre 2020

"Carta Geologica della Pianura tra Imola e Ravenna" e "Guida alla lettura"

di Stefano Marabini e Gian Battista Vai

Nel corso del 2020 è stata pubblicata la "Carta Geologica della Pianura tra Imola e Ravenna", di Stefano Marabini e Gian Battista Vai (Théodolite Editore, Imola).



La Carta, che è accompagnata da una Guida alla lettura, è stata realizzata seguendo un approccio morfostratigrafico, considerando quindi i corpi stratificati per alcuni metri al di sotto delle superfici dei depositi. Questo metodo ha permesso la correlazione con sezioni geologiche realizzate partendo da dati di pozzo e di correlazione sismica.
Interessante il legame semiotico dei colori usati, dal caldo al freddo per la litologia (da ghiaie ad argille), per gli ambienti deposizionali di pianura (da prossimale a distale) e cronologico (dall'Ultimo Massimo Glaciale all'Ottimo Climatico).
Molto interessante, poi, l'idea di mettere la "Carta geologica della provincia di Ravenna" e la relativa sezione, a margine, realizzata da Giuseppe Scarabelli nel 1854, a dimostrazione del grande spirito di osservazione dell'illustre scienziato e, soprattutto, della grande capacità di analisi e di ricostruzione delle geometrie deposizionali nell'ambito pedemontano.


Nella Guida alla lettura, viene compiuto un viaggio nello sviluppo delle conoscenze della geologia Emiliano-Romagnola in termini di stratigrafia delle unità che compaiono, da due secoli, nelle carte geologiche.
Viene studiato il ruolo dei padri fondatori della geologia, e a seguire il primo e il secondo Novecento, per finire con le recenti ricerche stratigrafiche in pianura e nel margine appenninico.
Inoltre, la Guida ci illustra i dettagli che hanno portato a realizzare questa Carta della dinamica spaziale e temporale della pianura emiliano-romagnola degli ultimi 37.000 anni, passando dalle 3 unità usate da Scarabelli alle 9 di oggi.
 
Nel 1854 Scarabelli affermava che "consimili lavori" di geologia della pianura avrebbero procurato "utilissime applicazioni per la prosperità e il ben essere della umana famiglia". A quel tempo, però, non disponeva di strumenti scientifici e tecnologici "per progredire oltre".
A distanza di 170 anni, compensando questa mancanza, la "Carta Geologica della Pianura tra Imola e Ravenna" vuole rinnovare l'intento di Scarabelli, confidando in un utilizzo "per il ben essere della umana famiglia".

venerdì 5 settembre 2014

1873 - Giuseppe Ponzi e la storia dei Vulcani Laziali: la prima carta geologica

di Fabiana Console


Nel febbraio del 1859 presso l’Accademia Pontificia Tiberina Giuseppe Ponzi, che divenne primo titolare della Cattedra di Geologia voluta da Papa Pio IX a Roma nel 1864, lesse il suo discorso Sulla Storia naturale del Lazio, in seguito pubblicato nel vol. 158 del Giornale Arcadico.
In quella memoria egli fece una breve esposizione degli avvenimenti di natura vulcanica che si attuarono in quella regione e diede una spiegazione, per la prima volta, “dei monti che ne risultarono”.
Dopo quasi quattordici anni, tornato a leggere quello scritto, ne rimase così mal contento” tanto da indurlo a condannarlo “alla oblivione” e riprodurlo corretto con nuove cognizioni “acquistate” da ulteriori osservazioni geologiche che espose il 7 dicembre del 1873 alla Reale Accademia dei Lincei, il cui Presidente era allora Quintino Sella.

L'origine vulcanica dei territori oggi denominati Colli Albani era stata riconosciuta per la prima volta dal fisico Girolamo Lapi, nel 1759, che aveva anche riconosciuto i laghi di Albano e Nemi come crateri vulcanici. Molti studiosi, italiani e stranieri, si erano interessati in seguito a vari aspetti geologici, giungendo alla carta di sintesi di Murchison, e molti altri studi seguirono, sempre più approfonditi. In questo breve scritto si vuole fare una sintesi del lavoro di Ponzi che ha dato poi vita alla prima vera Carta geologica dei vulcani del Lazio, rilevata e disegnata da lui. Come detto, gli studi su quest'area, rivelatasi di grande interesse, si moltiplicarono e portarono a rappresentazioni cartografiche sempre più complesse e dettagliate e a ricostruzioni approfondite dell'evoluzione di quello che appariva sempre più un territorio vulcanico decisamente articolato.


venerdì 28 febbraio 2014

La cartografia geologica storica nella Biblioteca ISPRA – Servizio geologico d’Italia

Carta geologica del Regno di Napoli (1842)
di Pierre Alexandrowitsch De Tchihatcheff,
geologo russo (1812-1890), annessa al
“Coup d’oeil sur la constitution geologique
des provinces meridionales
du Royame de Naples".
di Fabiana Console e Marco Pantaloni


Il patrimonio bibliografico e cartografico della Biblioteca del Servizio Geologico ha origine negli anni immediatamente successivi all’unità d’Italia. Il Regio Decreto n. 4113 del 15 dicembre 1867 prevedeva, infatti, l'istituzione di una biblioteca della cui necessità il R. Comitato Geologico era perfettamente consapevole avendo iniziato sin dai primi mesi “a formare una libreria speciale valutabilissima” arricchita da “una raccolta di carte che continuamente si accresce
Ciò che rende quindi peculiare, prezioso e unico nel suo genere il patrimonio dalla Biblioteca ISPRA sono le oltre 50.000 carte geologiche, topografiche e geotematiche conservate e custodite nei suoi archivi cartografici che appartenevano, originariamente, al Servizio geologico d’Italia.
La copertura internazionale si estende a circa 170 Paesi e rappresenta, anche per arco temporale - oltre 150 anni - un tesoro di inestimabile valore storico e culturale. Le carte geologiche, costituite da oltre 21.000 esemplari, rappresentano il segmento principale della raccolta.
Carta geologica della Bulgaria a scala 1:300.000,di Georges N. Zlatarski, in 20 fogli, 1907.
Quasi 15.000 sono le carte geologiche che rappresentano il territorio italiano, di cui circa un migliaio di particolare valore storico e di pregio perché originali cartografici, molti dei quali bozze d’autore ed acquerellate a mano. La cartografia manoscritta geologica di fine ‘800 di personaggi come Igino Cocchi, Bernardino Lotti, Felice Giordano, Domenico Zaccagna, Luigi Baldacci, Vittorio Novarese, Arturo Issel, ecc., con note a margine e correzioni autografe, sono l’emblema di una scienza che, su solide basi culturali, stava nascendo in Italia.
Dalla documentazione cartografica antica emerge con chiarezza il processo grazie al quale la geologia è assurta a rango di disciplina autonoma nel settore delle scienze naturali. Il valore di una carta geologica storica è intrinsecamente legato alle figure del rilevatore e del cartografo. La conoscenza approfondita della materia e le abilità artistiche di un cartografo facevano la differenza.



Non solo carte: la biblioteca conserva anche
litografie, stampe, manoscritti, sezioni geologiche.
In questa figura il Gruppo del M. Bianco,
disegnato dal pittore Alessandro Balduino,
allegato al Bollettino del CAI, n. 40
In epoca contemporanea, lo sviluppo delle tecnologie di rilevamento e di rappresentazione di una carta ha portato a diversificare le competenze moltiplicando i contributi necessari alla sua realizzazione: se oggi, attraverso la produzione di un elaborato cartografico è possibile risalire alla specifica attività e alle competenze dell’intero Ente che lo ha prodotto, è quasi impossibile individuare gli apporti dei singoli specialisti.


Analizzare, studiare, catalogare e digitalizzare la cartografia geologica antica ha fornito l’occasione di studiare le fasi di evoluzione dall’istituzione del Regio Servizio Geologico nel 1873 e i primi passi che portarono alla realizzazione, con non poca fatica, dei 277 fogli della Carta Geologica d’Italia alla scala 1:100.000. Inoltre, la grande varietà di carte e bozze d’autore hanno offerto lo spunto per scoprire le diverse e interessanti personalità dei geologi di allora e le loro complesse relazioni con le istituzioni governative attraverso le vicende politiche del XIX secolo.

Comprensibili esigenze di conservazione e tutela da un lato, e di diffusione dall’altro, hanno indotto la Biblioteca dell’ISPRA a realizzare, partendo dal 2001, riproduzioni in formato digitale di oltre 1000 carte geologiche antiche.


La procedura tecnologica intrapresa nelle attività di digitalizzazione è piuttosto complessa: dopo la selezione e l’analisi del bene cartografico oggetto del lavoro, lo stesso viene studiato per definirne, laddove necessario, le caratteristiche “editoriali”, cioè il fattore di scala, l’ubicazione geografica, l’anno di realizzazione e l’Autore, spesso non indicati esplicitamente. In tal caso viene avviata una ricerca negli archivi per identificare chi e quando la carta è stata realizzata, analizzando vecchi cataloghi cartografici o verificando riferimenti bibliografici di Autori più moderni. Di ausilio a questa ricerca è spesso l’analisi grafologica di eventuali appunti o note a margine della stessa carta.

La fase successiva prevede la scansione per mezzo di adeguati strumenti tecnici, finalizzati alla realizzazione di immagini raster in formati idonei all’archiviazione elettronica, ad adeguata risoluzione al fine di mantenere al meglio le caratteristiche originali di grafica e di stampa.
Completata la fase di digitalizzazione il file relativo viene caricato sul server dell’Istituto e reso disponibile, sul catalogo OPAC, al download da parte dell’utenza interna ed esterna. Una fase successiva, che è attualmente in corso di sperimentazione, consiste nel georiferire i file raster cartografici e renderli visualizzabili sui diversi strumenti di visualizzazione geografica, quali, ad es., Google Earth.

Il gruppo di lavoro dell'ISPRA (mp, fc), impegnato nella scansione e
catalogazione del materiale cartografico con una delle più preziose
carte della collezione: la "Carta corografica dello Stato Pontificio"
di Giuseppe Ponzi, 1849
Il valore di tale patrimonio cartografico è oggi riconosciuto anche grazie all’interesse per il settore che sempre più si va allargando, al di là di una ristretta cerchia di studiosi e collezionisti, a un pubblico di fruitori a vario titolo interessati. Lo studio dell’evoluzione storica del territorio, sia essa a scopo geologico, urbanistico, ambientale, archeologico, non può prescindere dallo studio della cartografia antica: l’imponente quantità di “disegni”, mappe, carte geologiche, carte topografiche, carte catastali, costituisce una fonte inesauribile di informazioni, notizie e dati utili.


Ma non è solo e necessariamente utilitaristica la motivazione alla base dell’interesse: leggere una “vecchia” carta può significare compiere un viaggio nel tempo e nello spazio, subire il fascino dell’esplorazione del passato attraverso tecniche di rappresentazione non più in uso, segni convenzionali legati ad una qualità della vita “non tecnologica”. La cartografia antica ci indica, inoltre, lo stato delle conoscenze tecniche e scientifiche dei geologi rilevatori e dei cartografi, la loro sensibilità nei confronti del territorio, della sua storia e del suo utilizzo.

lunedì 28 ottobre 2013

Colate di lava sull'Etna

di Marco Pantaloni e Fabiana Console
Le colate laviche dell’Etna
viste da Paolo Pantellaro,
prima metà del 1800(?)


Non si vuole, con questo post, sostituirsi alle osservazioni scientifiche che da decenni, ma in particolare in questi giorni a causa della nuova attività stromboliana in corso, vengono svolte sul più grande vulcano europeo: l'Etna.
Invece, gli Autori di questa breve comunicazione hanno rinvenuto, non casualmente, una carta degna di attenzione e che sono lieti di condividere con i lettori.
Da alcune settimane, un piccolo ma agguerrito  gruppo di lavoro composto da personale del Servizio geologico d'Italia e della biblioteca dell'ISPRA, che ha ereditato la preziosa ed inestimabile collezione di carte antiche della biblioteca del R. Comitato geologico prima e del Servizio geologico poi, sta recuperando e salvando dall’oblio, tra l'altro, il materiale cartografico antico. L’obiettivo primario di questo lavoro è quello di scansionare queste carte, al fine di renderle disponibili all'utenza esterna all'Istituto in formato digitale.
L’obiettivo secondario, ma che affascina maggiormente, è quello invece di avvicinare un pubblico non specializzato e/o tecnico alla magia della cartografia storica. Le tecniche incerte, le note a margine, la china nera che scorre veloce e sicura, i colori ad acquarello che non hanno mai stinto: tutto ciò ha una indubbia capacità di attrazione.

Già oggi molte di queste carte sono consultabili on-line sul sito della biblioteca ISPRA; entro breve molte altre, forse le meno conosciute e per questo più preziose, verranno rese disponibili.
Durante questo lavoro di ricerca, lo stesso giorno dell'inizio dell'attuale attività parossistica sull'Etna, gli Autori hanno recuperato e scansionato una carta molto particolare, sia per la tipologia che per le sue caratteristiche.

sabato 29 giugno 2013

1877: Giulio Curioni, Carta geologica delle provincie lombarde

di Fabiana Console


Tra la cartografia storica antica inedita conservata presso la Biblioteca ISPRA e appartenente al fondo Antico della Biblioteca del Servizio Geologico d’Italia, degna di nota per accuratezza e precisione del dettaglio è la Carta geologica delle provincie Lombarde in due fogli [scala 1:72.800; E 26°15'-E 28°35'/N 46°35'-N 45°25'] di Giulio Curioni (1796-1878).
Questa carta fu presentata all'Esposizione Universale di Parigi del 1878 e premiata da parte del Congresso Internazionale Geografico. Un premio meritato per l’attività indefessa del Curioni in quarant'anni di faticoso lavoro di rilevamento sulle montagne lombarde.
Egli puntò tutta la sua attività di longeva ricerca sulle possibilità applicative delle scienze geologiche: sulla stima quantitativa e sulle possibilità di estrazione - in Lombardia - delle torbe, delle ligniti e degli scisti bituminosi; sulle proprietà e sfruttamento di marmi e di pietre da cemento, con l'indicazione della possibilità di apertura di nuove cave o la ripresa di antiche cave abbandonate; sulla natura delle rocce da cui scaturiscono acque minerali; ma soprattutto sulla presenza e potenzialità di giacimenti di siderite e di altri minerali per l'estrazione di ottimo ferro nelle valli lombarde.

mercoledì 13 marzo 2013

1913, Federico Sacco, "Les Alpes Occidentales"



di Marco Pantaloni

100 anni fa, nel 1913, Federico Sacco pubblicò il volume: “Les Alpes Occidentales: schéma géologique”, con allegata una carta geologica in scala 1:500.000.

Federico Sacco nacque a Fossano (CN) il 5 febbraio 1864.
Scrisse: “Dalla mia natìa cittadina, Fossano, fronteggiante il Monviso, fin da giovinetto ammiravo, uscendo appena di casa, l’ardita piramide dentata …”, ben visibile dal suo paese.
Iniziò così il suo interesse per la montagna, la natura e la geologia. Studiò al Liceo, si laureò in Scienze naturali nel 1884 e iniziò subito la carriera universitaria presso il Regio Politecnico di Torino. Fu professore incaricato di paleontologia tra il 1886 e il 1917, ordinario di geologia dal 1897 al 1935.
Tra i suoi numerosi incarichi vanno ricordati: Presidente della Società Geologica Italiana, del Comitato Geologico Italiano, del Comitato Glaciologico Italiano; membro del Consiglio Superiore delle Miniere, dell’Accademia dei Lincei e dell’Accademia delle Scienze di Torino.
Sacco pubblicò più di 600 lavori frutto di campagne di studi e rilevamenti che gli fecero percorrere a piedi circa 60.000 chilometri.

Gran parte delle sue ricerche vennero svolte nelle Alpi occidentali delle quali, nel 1913, pubblicò la monografia: Les Alpes Occidentales: schéma géologique. Torino, Imprimerie du Collège des Artigianelli, 196 pp., comprensiva di 3 carte. La carta “Les Alpes occidentales” è disponibile in formato raster sul sito web della biblioteca ISPRA (download).

L’opera citata è preliminare alla sua monografia più conosciuta: “Le Alpi”.
Edita dal Touring Club Italiano, il saggio consta di 65 articoli in 700 pagine arricchiti da una galleria fotografica di oltre 1000 illustrazioni. Nel volume Sacco affronta tutti gli aspetti della catena alpina: l’assetto tettonico, il glacialismo, l’erosione fluviale, il carsismo, tutti permeati da una intensa vena umana e poetica.
Durante i suoi rilievi raccolse campioni di rocce e fossili, con i quali arricchì le collezioni universitarie.
Nel 1939 pubblicò un interessante lavoro dal titolo: “Leonardo da Vinci geologo”, mettendo in luce le osservazioni di natura geologica fatte da Leonardo tre secoli prima.
Federico Sacco morì a Torino il 4 ottobre 1948 all’età di 84 anni: una lunga vita interamente dedicata alle “sue” Alpi.