giovedì 4 gennaio 2024

Cento anni di vincolo idrogeologico e forestale

 di Alessio Argentieri

Il 30 dicembre 1923 fu promulgato il Regio Decreto 3267/1923 “Riordinamento e riforma della legislazione in materia di boschi e di terreni montani”.

La norma è conosciuta anche come legge Serpieri, in memoria del suo illuminato ideatore, l’economista agrario Arrigo Serpieri (ritratto nella foto in divisa da Ufficiale del Genio durante la Prima Guerra Mondiale) e co-redattore assieme al giurista Romualdo Trifone.


In occasione del centenario, è stata pubblicata sul Volume 12 - n.4 della rivista Acque Sotterranee- Italian Journal of Groundwater una nota in cui si propone una ricostruzione del contesto storico in cui, tra gli anni Venti e Trenta del XX secolo, maturò in Italia quella che possiamo chiamare una “proto-geologia applicata”, in parallelo ad altre discipline tecnico-scientifiche orientate al territorio
.


VERSO UNA GEOLOGIA PRATICA IN ITALIA: LE SCIENZE APPLICATE AL TERRITORIO TRA GLI ANNI VENTI E TRENTA DEL XX SECOLO

https://www.acquesotterranee.net/acque/article/view/740


giovedì 26 ottobre 2023

Pagine di Storia della Scienza

La Società Italiana di Storia della Scienza (SISS), in collaborazione con il Museo Galileo, inaugura il ciclo di incontri “Pagine di Storia della Scienza”, un nuovo appuntamento dedicato alla presentazione di libri e novità editoriali nell’ambito della storia delle scienze e delle tecniche.

L’iniziativa si inserisce nelle attività che la SISS e il Museo Galileo mettono in campo per diffondere e promuovere anche a un pubblico di non specialisti le ricerche di storia della scienza in Italia.

Lunedì 30 ottobre, ore 17.30
Biblioteca del Museo Galileo
Vampyr: storia naturale della resurrezione (Einaudi, 2023) di Francesco Paolo de Ceglia
Presenta: David Salomoni

Martedì 5 dicembre, ore 17.30
Biblioteca del Museo Galileo
Uomo e natura. Scienza, tecnica e società dall’antichità all’età moderna (Carocci, 2022) di Antonio Clericuzio
Presentano: Elena Canadelli e Giovanni Di Pasquale

Gli incontri si svolgeranno presso la Biblioteca del Museo Galileo, alle 17:30, e saranno anche trasmessi in streaming sui canali Youtube della SISS e del Museo Galileo.

Per informazioni: info@societastoriadellascienza.it




martedì 17 ottobre 2023

Conferito il "GSA Florence Bascom Geologic Mapping Award" a Giorgio Vittorio Dal Piaz

La Sezione di Storia delle Geoscienze si congratula con il suo primo iscritto Professor Giorgio Vittorio Dal Piaz per il conferimento del prestigioso "Florence Bascom Geologic Mapping Award" da parte della Geological Society of America.

https://www.geosociety.org/GSA/about/awards/GSA_awards/GSA/awards/GSA.aspx#gma

Questa la descrizione generale del premio:

The Florence Bascom Geologic Mapping Award was created by GSA Council in 2013 and the first award was presented in 2015. This award acknowledges contributions in published high-quality geologic mapping that led the recipient to publish significant new scientific or economic-resource discoveries, and to contribute greater understanding of fundamental geologic processes and concepts.

La cerimonia di consegna dei premi è avvenuta in modalità mista domenica 15 Ottobre 2023 in occasione della "Awards Ceremony" del  GSA Connects 2023 Meeting che si è tenuto a Pittsburgh, Pennsylvania.


About the award:

GSA Florence Bascom Geologic Mapping Award

The Bascom Geologic Mapping Award’s concept was approved by GSA Council in October 2013 and first awarded in 2015. This award acknowledges contributions in published high-quality geologic mapping that led the recipient to publish significant new scientific or economic-resource discoveries and to contribute greater understanding of fundamental geologic processes and concepts. The objective is to encourage training and support toward production of excellent, accurate, detailed, purposeful geologic maps and cross sections. With respect to size or scale, there are no restrictions on map products.

GSA’s Bascom Geologic Mapping Award will be made on an annual basis, leaving the option open for multiple awards to be given under unusual circumstances in any given year or to make no award in any given year. The recipient will have authored high-quality geologic maps, cross sections, and summary reports that have received scientific acclaim and are available to both peers and the public, through federal or state agencies or major scientific societies. In evaluating the merits of nominees for this award, scientific achievements should be considered rather than contributions in teaching, administration, or service. The criteria employed by the Geologic Mapping Award Committee include (A) excellence of the nominee’s published geologic maps; (B) record of greater understanding of fundamental geologic processes and concepts, emerging directly from the meritorious quality of the geologic mapping; and (C) peer acclaim of new discoveries that emerged from the mapping and their societal applications. Nominees may or may not be members of the Society, and they may be from any nation.


domenica 19 febbraio 2023

Geologi in Africa orientale Italiana (2a parte)

 di Elio Fadda

Georges Korableff: nato nel 1902 in Russia; diceva di essere figlio di un ammiraglio zarista, ed era di Stavropol. Laureatosi in Geologia, aveva combattuto con i Russi Bianchi e rifugiatosi in Francia, venne ivi naturalizzato. Risiedeva in Rue Jean de Beauvois 23, a Parigi.

George Korableff era membro della Société Géologique de France.

Sappiamo che nel 1933 lavorava in una fabbrica di stagno ad Annecy in Francia, ma in seguito la sua vita lavorativa si svolse in diversi paesi africani come Cameroun, Gabon, Etiopia, Mali, Senegal e Gambia. Fu direttore di miniere e geologo, autore di diverse pubblicazioni, sia in Etiopia che in altre regioni africane:

1. Le Gisement de platine de Jubdo en Abyssinie. Ass. des Mines, luglio 1939.

2. Contribution à l’étude de la géologie et de la géologie appliquée de l’Oubangui-Chari oriental et du Cameroun sous mandats français. Published by Paris, 1 gennaio 1940.

3. Autore della Carta geologica: Cameroun, Oubangui Chari/Georges Korableff - Saint Etienne: [s.n.]- 3 p. carta geologica ripiegata; 27 cm. (Estratto da: Chroniques des mines coloniales, 1937).

4. Rapport sur la tournée de contrôle de quelques exploitations de rutile dans les régions Nyong et Sanaga-Maritime. KORABLEFF 1942, Archives DMG/MINMEE-YAOUNDE.

5. Une Coupe Géologique Schematique de Mayoum, a N’Dende Gabon - Bullettin du Museum 2e seriè T. XVIII n° 5, 1946.

Il Perito Minerario Osvaldo Strappa dice di lui: per aspetto e corporatura sembrava un siciliano (scuro di pelle e nero di capelli) ed appariva colto, intelligente e capace, ma non ispirava fiducia.

Assunto alla S.A.P.I.E. fra i primi, nel 1937 fu a capo della colonna n° 3.

Ne parla a lungo l’Ing. Candussi, suo collega in S.A.P.I.E., confermando che era un “russo bianco”; una persona molto patriottica, ex ufficiale del Genio Navale nella marina Russa.

L’Ing. Andrè Claude (Direttore Generale S.A.P.I.E.) in un suo rapporto alla società mineraria, manifestò preoccupazione per lo stato di salute psico-fisica di questo tecnico a causa, pare, di seri problemi familiari. Poco dopo, nel giugno del 1939, Korableff chiese il rimpatrio per “motivi personali”.

Lo ritroviamo nel dopoguerra (1946), nuovamente in Africa, e più precisamente in Gambia, dove lavorava in una società che dragava le alluvioni aurifere del fiume Falemè.

Ce ne parla un geologo francese, Michel Defossez, che lavorò per anni in quelle regioni e lo incontrò raccontando nei suoi scritti: “Korableff era un russo bianco, vecchio geologo pratico del terreno”.

In quel periodo (1951), era stato incaricato di vendere gli impianti e macchinari della società Falemè Gambiè, che a causa degli ormai elevati costi di produzione, era stata messa in liquidazione.

Confermando alcune “note caratteristiche” avute da Candussi, Defossez ci informa del fatto che: “come tutti i russi, aveva una debolezza per il cognac”. George Korableff morì nel 1957.


Pietro Lodovico Prever: era nato l’11 agosto 1877 a Villanova Solaro, in provincia di Cuneo, era l’ultimo di cinque figli di una famiglia agiata di origine contadina.

Il prof. Pietro Lodovico Prever

Diplomato all’ Istituto Tecnico, si iscrisse alla Facoltà di Geologia di Torino, dove fu allievo del Prof. Carlo Fabrizio Parona, famoso geologo e paleontologo italiano (Melegnano 1855 - Busto Arsizio 1939).

Già dai primi del ‘900 era attivo nell’ambito torinese, con una ventina di pubblicazioni tutte in ambito paleontologico (coralli, nummuliti, ecc.). Fu vincitore del Premio Molon della Società Geologica Italiana (del quale andava fiero!), con un poderoso lavoro dal titolo: Nummuliti ed orbitoidi di alcune località italiane.

Stralcio del Bollettino della Società Geologica Italiana con l'assegnazione
del Premio Molon a Pietro Ludovico Prever

Nel 1927 il Prof. Prever accettò un incarico di insegnamento ad Alessandria d’Egitto, dove si trasferì con tutta la famiglia. Alcune immagini lo ritraggono alle rovine di Canopo, presso Abukir e al Mex in Egitto.

Pietro Lodovico Prever con alcuni studenti

Pietro Lodovico Prever ad Aboukir (Egitto)

Tornati in Italia si stabilirono a Pisa, dove con il denaro messo da parte acquistarono un terreno a Porta Lucca. Fu professore a Torino all’Istituto Geologico dove era entrato come assistente nel 1918/19 (come si evince dal Bollettino Ufficiale del Ministero della Pubblica Istruzione del Regno d’Italia).

Nel 1936-38 partecipò con l’AGIP (Azienda Generale Italiana Petroli), alla Missione geologica nella Dancalia Meridionale e sugli altipiani Hararini.

Assunto in S.A.P.I.E. venne posto a capo della colonna n° 9 e successivamente della n° 1 in sostituzione di Mario Candussi. Nella colonna n° 9, formata il 12 aprile del 1938 con Ordine di Servizio n° 85, ebbe come vice il Perito Minerario Remo Fusina, che vi rimase sino all’agosto dello stesso anno. Nella colonna n°1, ebbe invece come aiuto, il Perito Minerario Pasquale Zugno.

Prever, che andò in Etiopia all’età di 61 anni (1938), ebbe delle disavventure in servizio e pare vi furono delle incertezze sulla sua sorte; non molto tempo dopo rientrò in Italia.

Da una lettera del marzo 1940 di Osvaldo Strappa al Prof. Desio apprendiamo che: «La venuta di Mica ha causato numerosi licenziamenti, compreso quello di Prever».

Il Prof. Prever rientrato in Patria, prima dell’entrata dell’Italia nella II Guerra Mondiale, visse nella sua casa di Pisa in Toscana. 

L’omonimo nipote, Pietro Lodovico, avvocato a Milano, mi fa sapere che:

Verso la fine della guerra, nonno Pietro, la moglie Ottavia, lo zio Carlo e la zia Rosina, furono costretti a sfollare sui Monti Pisani e quando ritornarono, trovarono la loro casa devastata dall’esercito americano che l’aveva occupata per stabilirvi gli uffici di non so quale comando. 

Non si sono mai più davvero ripresi da quello sfacelo.

Ed ancora il nipote racconta: Nonno Pietro aveva un’intelligenza eccezionale ed una memoria ancora superiore; mi ha insegnato che il geologo si fa a piedi, con la testa rivolta verso il basso, per osservare la terra e quando raccontava di una zona oggetto delle sue ricerche, ti conduceva per mano passo dopo passo, invitandoti a prender nota di un gradino, di un fossato, di un declivio, del colore dei quali ti spiegava con parole chiarissime, origine e cause geologiche.

Purtroppo non sono rimaste sue immagini del periodo trascorso in Etiopia, probabilmente andate perse durante la guerra.

Pietro ancora riferisce: Ho un ricordo vago dei racconti, delle storie affascinanti con le quali mi intratteneva, raccontando delle spedizioni da lui guidate per ricerche minerarie in Africa. Ma ricordo invece benissimo quel viso dai tratti scolpiti nella pietra, illuminati da due occhi azzurri che emettevano una luce di fiducia, intelligenza, e amore. Posso solamente riferire che l’ultima spedizione fu interrotta dallo scoppio della guerra, proprio nel momento in cui riteneva di essere in prossimità di un’area mineraria geologicamente interessante.

Il Professor Pietro Lodovico Prever risulta deceduto a Pisa in data 15 dicembre 1970 alla bella età di 93 anni.

Bibliografia:

Aurelio Fadda (2022) - La ricerca mineraria italiana nel Sud Ovest etiopico. Coop. Tipografica N. Canelles, Iglesias, 371 pp.


giovedì 16 febbraio 2023

Geologi in Africa Orientale Italiana (1a parte)

di Elio Fadda

Bruno H. Gejer: di nazionalità tedesca, nato nel 1902, Gejer era laureato in geologia e sposato con due figli. Portò la famiglia con sé in Etiopia ad Ondonok, sede della Società Mineraria Italo-Tedesca (S.M.I.T.) della quale fu il Direttore, giungendo dal Sudan via Khartum.

Bruno H. Gejer

Bruno H. Gejer con la famiglia e con, al centro, Ardito Desio

Aveva con sé personale tedesco ed italiano; questi ultimi giunsero da Jubdo (come il Geometra Fornasier, goriziano, un tale Bicchieri, tuttofare che era stato in Kenya e parlava inglese, ed alcuni geometri e amministrativi). Fra i tecnici fu con lui l’Ing. Paolo Tradardi, ed il geometra sardo Giuseppe Puliga.

L'ing. Paolo Tradardi (a sinistra) durante una battuta di caccia


La sua conduzione della miniera di Ondonok venne criticata dall’Ing. Luigi Usoni
, il quale in una relazione tecnica ispettiva ne contestò le scelte tecniche ed amministrative.

L'ing. Luigi Usoni

La relazione fu inviata al Ministero e creò grande imbarazzo nei vertici S.M.I.T.

La stessa organizzazione, ebbe invece l’apprezzamento del Prof. Desio, almeno per ciò che riguarda il villaggio di Campo Coraggio. Bruno Gejer fu autore di diverse pubblicazioni e già all’epoca, era autore di lavori scientifici, tra i quali: Gold und Platinworkommen in der Abessinischen Provinz Wollega - Berlino 18 ottobre 1935, citato nella tesi di laurea di Alfredo Pollini.

Con la famiglia, riuscì a lasciare le aree minerarie poco prima dell’entrata in guerra dell’Italia ad a rientrare in patria.

Nel periodo successivo alla II guerra Mondiale, Bruno Gejer andò a lavorare in Namibia nelle miniere di Tsumeb (Otavi Highlands), come Capo del servizio Geologico e Mineralogico, dove gli venne attribuita la scoperta della “Brunogejerite” (Fe2GeO4), un germanato di ferro estremamente raro conosciuto solo a Tsumeb. Bruno H. Gejer morì nel 1987.

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La società S.A.P.I.E., dopo la riorganizzazione successiva alla conclusione della guerra d'occupazione Italiana dell'Abissinia, assunse tutto il personale che riusciva a trovare e poiché non era cosa facile, data la scarsità di tecnici con esperienza ma anche grazie alla presenza come Direttore Generale del francese Ing. André Claude, fu possibile assumere dei tecnici di nazionalità francese e tedesca da lui conosciuti.

 J. Henrique Jacquet: era francese nato nel 1897. Aveva il titolo di Ingenieur-Geologue ed era stato un Tenente di Artiglieria. Venne assunto alla S.A.P.I.E. fra i primi, assieme agli altri francesi voluti dall’Ing. Claude, nel 1937.

Si tratta di tre geologi stranieri con esperienza nella ricerca mineraria in Africa e del noto geologo italiano Prof. Pietro Lodovico Prever. 

Il Perito Minerario Osvaldo Strappa lo descrive come uomo di media statura, scuro di pelle e di capelli, sulla quarantina, e riferisce che: portava gli occhiali neri ed aveva una strana aria da iettatore. Sia Jacquet che gli altri francesi avevano avuto esperienze di varie prospezioni nell’Africa Francese e conoscevano il mestiere. Jacquet fu messo a capo della colonna n° 2 ed il suo vice fu in una prima fase il Perito Min. Remo Fusina, poi Pasquale Zugno.

Il Perito minerario Osvaldo Strappa

Il Perito minerario Remo Fusina

Il Perito minerario Pasquale Zugno

Jacquet era l’assistente del Direttore Generale Andrè Claude ed in pratica, il n° 2 della S.A.P.I.E.

Fu a capo del Settore B (zona di Kata-Neggio). La scoperta da lui fatta circa la presenza di importanti mineralizzazioni aurifere sul fiume Alaltù a Neggio, si rivelò con le analisi chimiche successive un fallimento; i tenori risultarono in media dieci volte più bassi.

Anche l’Ing. Claude non ci fece una bella figura perché la “scoperta” era stata addirittura pubblicata!

L'ing. Andrè Claude

Ci parla di lui, come abbiamo visto precedentemente, il Capo colonna Aristide Tabasso (agente del S.I.M.). Egli riferisce di essere entrato “in grande amicizia” con Jacquet (entrambi volevano avere informazioni), il quale si interessava più di armi e della disposizione ed entità delle forze militari italiane, che dell’attività mineraria. Secondo le indagini di Tabasso, i due francesi Jacquet e Claude erano entrambi agenti del “Deuxième Bureau”.

Tabasso nei suoi appunti riferisce che Jacquet, accreditando l’amicizia col Viceré, si recava spesso ad Addis Abeba, dove invece andava a fare i suoi rapporti alla legazione Francese, ma a sua insaputa, aveva alle costole sia i Carabinieri che il S.I.M.

Mario Candussi capo della Colonna n° 1 parla di Jacquet, dicendo: “è il più intelligente degli stranieri ed è il più pericoloso”.

L'Ing. Mario Candussi

Anche con Alfredo Pollini vi furono dei problemi perché gli rifiutò di esporre la bandiera tricolore, in dotazione alla colonna, definendola: “quel fazzoletto da naso”. Pollini si lamentò col Cav. Rodolfo Mica (Capo del personale della S.A.P.I.E.) dell’incidente e gli riferì le parole di Jacquet!

Il Dott. Alfredo Pollini

Il Brigadiere dei RR.CC. di Jubdo, venuto a conoscenza del fatto, voleva una denuncia da parte del Pollini per poter arrestare Jacquet ma, il Cav. Mica dissuase Pollini e mise le cose a tacere.

Tabasso riferisce che mentre la rete stava per calare sulla organizzazione, con un inspiegabile provvedimento, l’Ing. Jacquet venne espulso dall’Impero; di lui non si hanno più notizie.

Bibliografia:

Aurelio Fadda (2022) - La ricerca mineraria italiana nel Sud Ovest etiopico. Coop. Tipografica N. Canelles, Iglesias, 371 pp.

lunedì 19 dicembre 2022

La Storia della geochimica dei gas

di Giovanni Martinelli

Nell'antichità l'interesse dell'uomo per i gas presenti in natura era di tipo religioso, mentre in epoca storica è diventata di tipo scientifico e in epoca moderna di tipo anche industriale. I gas venivano utilizzati anche per scopi pratici più di 3 000 anni prima del presente, basti pensare alle popolazioni cinesi che utilizzavano il metano per l'estrazione del sale. Lo sviluppo del pensiero umano sui gas ha seguito i passi fondamentali che hanno caratterizzato le scienze naturali durante la rivoluzione scientifica del XVIII secolo, basati su significativi miglioramenti nei metodi di analisi. Le pubblicazioni scientifiche attuali dimostrano la varietà dei settori di interesse della geochimica dei gas e il recente incremento della collaborazione con le scienze geofisiche per risolvere problemi di interesse comune di carattere geologico, energetico e ambientale. L'esistenza di convegni di carattere dedicato e la diffusione di riviste scientifiche in parte dedicate alla geochimica dei gas conferma che si è da tempo conclusa la fase pionieristica dell’ambito disciplinare e si è entrati in una fase culturalmente più matura.

È utile osservare che nella recente pubblicazione di Zheng G., Martinelli G., Wang Y., Li S., Ma X. (2022) - Notes for a History of Gas Geochemistry. Journal of Earth Science, XX, No. XX, 1-10, circa il 10% dei nomi degli Autori citati in bibliografia è di ricercatori italiani che dagli anni '60 fino ai giorni attuali hanno lasciato tracce rilevanti su pubblicazioni scientifiche e fa ricordare anche al grande pubblico l’impegno scientifico italiano in questo settore delle geoscienze.

In particolare, vanno ricordati Franco D'Amore che resterà famoso per avere inventato, tra le altre cose, la terminologia "gas geochemistry" nella seconda metà anni '70, sincronicamente con Werner Giggenbach (D&NZ, https://de.wikipedia.org/wiki/Werner_Giggenbach) e Erik Mikhaylovich Galimov (RU, https://en.wikipedia.org/wiki/Erik_Galimov).


Franco D'Amore all'aeroporto di Buenos Aires, 1988. Foto di Enrico Calvi


Inoltre, un ruolo fondamentale nella storia della geochimica lo ebbe Umberto Colombo (https://it.wikipedia.org/wiki/Umberto_Colombo) che classificò, tra i primi al mondo, gli idrocarburi gassosi, con particolare riferimento ai metani italiani tramite l'impiego di tecniche isotopiche.


Umberto Colombo (fonte wikipedia)

sabato 10 settembre 2022

Anno 2022 - Centenario della scomparsa del grande scienziato Giovanni Capellini

Quest'anno ricorre il centesimo anniversario della morte di Giovanni Capellini, nato alla Spezia il 23 agosto 1833, laureato nel 1858 in Scienze presso l'Università di Pisa, dal 1861 all' Università̀ di Bologna titolare della prima cattedra italiana di Geologia nell'allora neocostituito Regno d'Italia.


Giovanni Capellini può essere considerato come uno dei più grandi Scienziati Naturalisti vissuti a cavallo del XIX e XX secolo. La sua attività di ricerca, collocata in un momento storico ricco di fermenti e stimoli culturali, il suo innovativo approccio metodologico, unito ad una notevole produzione scientifica che spazia dalla geologia alla paleontologia alla preistoria, le sue grandi doti organizzative, e soprattutto i numerosi riconoscimenti ricevuti in campo internazionale, consentono di delineare la figura di uno scienziato moderno ed europeo. Il nome di Capellini è il simbolo di una vita dedita agli studi geologici e paleontologici, legati a una serie di scoperte molto importanti che gli permisero di afferrare prontamente, grazie alla frequentazione con i più importanti scienziati europei, tra cui Charles Lyell, le nuove idee della geologia stratigrafica e sperimentale, della paleontologia e dell'evoluzione. Le sue ricerche ebbero come preminente campo d'investigazione il Golfo della Spezia e la Lunigiana, la Toscana, il Bolognese e diverse zone dell'Europa e dell'America settentrionale visitate nei suoi numerosi viaggi scientifici. 

In collaborazione con l'Accademia Lunigianese di Scienze, il Comune della Spezia, di Lerici, il Museo di Storia Naturale di Pisa, il Museo di Geologia “ G. Capellini “ di Bologna, i Musei Civici della Spezia e della Società Toscana di Scienze Naturali è stata realizzata a La Spezia (Museo Etnografico) la mostra paleontologica  “Fossilia”, visitabile fino a fine anno.

A completamento delle attività di celebrazione l'Accademia Capellini  in collaborazione con le Università di Pisa e Bologna, La Società Geologica Italiana, La Società Paleontologica Italiana, il Consiglio Nazionale dei Geologi, l'ISPRA, La Società Toscana di Scienze Naturali, l'Ordine dei Geologi della Liguria, L'Associazione Nazionale di Archivistica Italiana e L' Accademia dei Fisiocritici, sono state organizzate 5 giornate di studio, con partecipazione libera e gratuita. 

La prima (figura 1) il 30 settembre 2022, presso la sede dell'Accademia Capellini alla Spezia, dedicata alla paleontologia, dal titolo: “Le faune neogeniche e quaternarie del Mediterraneo Centrale: I fossili ed i luoghi della ricerca di Giovanni Capellini”.

Seguiranno (figura 2) il 7 e 14 ottobre 2022, con sede presso il Castello di Lerici (SP). le giornate dedicate alla geologia dal titolo: “Dalla geologia del Golfo al Mediterraneo: eredità scientifiche, cartografia geologica e problematiche da G. Capellini ad oggi”.

Ed infine (figura 3) il 25-26 novembre 2022, presso la sede dell'Accademia Capellini della Spezia, con il convegno storico: ”Giovanni Capellini scienziato nell'Unità d'Italia”, si chiuderà il ciclo di studi dedicato al grande scienziato spezzino.


Per il Comitato Organizzatore

Prof. Giuseppe Benelli

Presidente Accademia Lunigiane di Scienze

Figura 1 - Convegno geologico

Figura 2 - Convegno paleontologico

Figura 3 - Convegno storico





domenica 10 luglio 2022

Estrosi geologi

 di Alessio Argentieri

 

Rilanciamo l’articolo pubblicato sull’ultima uscita in digitale di Professione Geologo, notiziario online dell’Ordine dei Geologi del Lazio (https://blog.geologilazio.it/)

L’articolo è consultabile anche al seguente link:
https://blog.geologilazio.it/2022/06/30/estrosi-geologi/

  

INTRODUZIONE

Le fondamenta del progetto Geoitaliani (www.geoitaliani.it) poggiano sulle figure quasi leggendarie dei precursori delle scienze naturali nel nostro Paese, sviluppatesi pienamente dal Rinascimento. Protagonisti di questi albori furono studiosi poliedrici, attivi in campi disparati (anatomia, botanica, alchimia, metallurgia, chimica, medicina, zoologia, orittologia, e forse anche stregoneria…). Questa tendenza alla multiformità di interessi, la cui massima espressione si incarnò in Leonardo da Vinci, si è propagata nel tempo e nello spazio, lasciando una traccia nel ‘DNA virtuale’ dei geologi italiani, sino ai giorni nostri.

Questo confusionario contributo è un repertorio, ovviamente incompleto, di personaggi che hanno sviluppato e coltivato, nel passato recente e prossimo, interessi paralleli alla passione per la geologia. Partendo dal contributo istrionico dei geologi attori alla Settima Arte si passa alle performances sportive e si chiude con quelle musicali e poetiche.

 

PRIMO ATTO- LA SETTIMA ARTE: GEOLOGI ATTORI

Fatta la premessa, non resta ora che iniziare proferendo le parole magiche: “MOTORE! PARTITO! CIAK! AZIONE!

E’ d’obbligo avviare la rassegna con le presenze sul grande schermo, e da una foto che per prima ha ispirato questo racconto: tre giovani prestanti in costume di scena, a formare una piccola piramide umana (Fig. 1). Sono Ernesto Centamore (futuro rilevatore del Servizio Geologico d’Italia e poi professore presso le Università di Camerino e Roma- Sapienza) e Biagio Camponeschi (docente presso la Facoltà di Ingegneria della Sapienza e a Perugia), giovani figuranti del più famoso Colossal della storia del cinema: Ben Hur, prodotto dalla Metro Goldwyn Mayer e realizzato a Roma negli studi di Cinecittà, tra il 1958 e il 1959, con la regia di William Wyler. La pellicola, che ottenne 11 Oscar, richiese uno sforzo economico imponente: 15 milioni di dollari, una parte dei quali utilizzata per pagare i circa 50.000 tra generici, figuranti e comparse reclutati a Roma. Tra di loro, gli aitanti giovanotti nella foto. Ernesto, come “generico extra di prima categoria” ricoprì durante le riprese più ruoli: pretoriano con lancia e scudo piantato solidamente davanti alla meta; pirata; tamburino portainsegne. Memorabili i racconti della scene della Via Crucis, nelle esotica location simbruina degli Altipiani di Arcinazzo, e della battaglia navale nel vascone di Cinecittà, con il pirata Biagio Camponeschi che liscia tragicamente la passerella durante l’arrembaggio, sparendo lungo la murata dell’imbarcazione. Vengono perciò in mente le parole di Walter Alvarez: “my friend Ernesto Centamore, a giant Italian with a gargantuan appetite for life, for food, and for geology” (in “T. rex and the crater of Doom”, 1997): una definizione concepita sulle montagne umbro-marchigiane negli anni ’70, che ancora oggi gli si attaglia alla perfezione.


Fig. 1 - Sul set di Ben Hur: a sinistra Ernesto Centamore, a destra Biagio Camponeschi e sopra di loro Minerba, un loro compagno di studi.

Restando in campo cinematografico, un laureato in Scienze Geologiche del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Camerino ha scelto la passione della gioventù, la recitazione. E’ il camerte Cesare Bocci, classe 1956, tra i cui meriti artistici è impossibile non citare in primis l’aver dato meravigliosamente corpo al Vicecommissario Mimì Augello: senza di lui, non avrebbe ragion d’essere neanche l’amato Commissario Montalbano. Grazie a fonte confidenziale attendibile, ecco una chicca (poi confermata dallo stesso interessato) sulle prime interpretazioni di Bocci, abile a cambiar dialetto: durante una serata di un’escursione di universitari camerti, Cesare si produsse assieme al compagno di studi Peppe Vella in un’applaudita imitazione della coppia formata dal romano Centamore e dal gallurese Giovanni Deiana (coraggiosamente fatta davanti ai due originali). Ricordiamo infine che il cordiale Cesare, oltre a prestare il proprio volto a molte iniziative benefiche, è anche testimonial della “Settimana del Pianeta Terra”.

Spariamo adesso un’altra cartuccia formidabile. Negli anni ‘50 sul Lago Maggiore si doveva fare veramente una bella vita; lascio che ne assaporiate l’atmosfera attraverso le parole di chi lo ha raccontato: “Sono nato e cresciuto sul Lago Maggiore, a Stresa, e nel primo dopoguerra c'erano il casinò, le prime elezioni di Miss Italia e tanto movimento, per cui era normale che girassero tanti film, e che noi ragazzi del paese venissimo invitati a partecipare, come comparse e talora come caratteristi. Così sono stato comparsa in “Una notte con te”, “Cronaca di un amore”, e altri di cui non ricordo il titolo, mentre ho avuto una particina in “Miss Italia”, dove rappresentavo uno studente secchione, con gli occhiali, fan di una Miss Italia che era la Gina Lollobrigida (che io già conoscevo di persona). Quando mi è capitato, dopo cinquanta anni, di vedere il film, non ho più ritrovato alcune scene che avevo girato, ma avevo conservato delle locandine, tra cui quella che ti ho trasmesso. Tutto qui, allora come futuro geologo andavo a mezzogiorno alle cave di Baveno, quando facevano saltare le mine, a cercare tra i massi frantumati dei bei cristalli di quarzo e ortoclasio. Ma ero ancora in prima liceo.” Quel ragazzo, amico delle belle attrici dell’epoca, era Antonio Praturlon (fig. 2, fig. 3), futuro membro della “trinità geologica” con Colacicchi e Castellarin. E un altro piccolo coup de théâtre:  chi era lo sceneggiatore di “Miss Italia”? Vittorio Nino Novarese, vincitore poi di due premi Oscar come costumista, ma soprattutto figlio del grande geologo torinese Vittorio Novarese.

Fig. 2 - Un adolescente Antonio Praturlon (primo da sinistra, con gli occhiali in mano) nella locandina del film “Miss Italia” del 1950.

Fig. 3 - Praturlon in servizio come concierge all'Hotel Royal di Courmayeur (Vallèe d’Aoste), con Silvana Pampanini nell’estate 1965 o 1966.

Il legame tra geologia e cinema ci porta ora a tre fratelli originari di Amelia, presso Terni: Odoardo, Piero e Mario Girotti, tutti e tre con esperienze di recitazione. Per Mario, noto con il nome d’arte di Terence Hill, una lunghissima carriera iniziata coi Musicarelli degli anni ’50, poi il grande successo tra la fine dei anni ’60 e i ‘70 come cowboy (spesso sugli scenari delle montagne appenniniche) e dopo molti anni, quale prete in bicicletta con tonaca e baschetto, su quelle ‘Montagne di San Francesco’ tanto care ai geologi. Veniamo al fratello maggiore Odoardo Girotti, geologo quaternarista e già professore presso La Sapienza, e alla sua presenza cinematografica di gioventù in Viale della speranza di Dino Risi (1952), il cui protagonista era Marcello Mastroianni (piccola divagazione: Marcello, in virtù del diploma di perito edile, lavorò durante la Seconda Guerra Mondiale come disegnatore tecnico presso l’Istituto Geografico Militare di Firenze; un'altra sottile liaison tra cinema e discipline della Terra). Infine, per completezza di informazione, menzioniamo il minore dei fratelli Girotti, Piero, che recitò come attore in Il padrone sono me! di Franco Brusati (1955), con Paolo Stoppa e Andreina Pagnani.

Il paleontologo Carlo Sarti, classe 1962, nativo di Budrio e laureatosi all’Università di Bologna, è il curatore del Museo Geologico “Giovanni Capellini”. Ricercatore, scrittore e divulgatore, è anche regista e sceneggiatore di lungometraggi e cortometraggi; tra i titoli della sua filmografia citiamo Goodbye Mr. Zeus del 2009 e La finestra di Alice del 2013.

Leo Ortolani, classe 1967, pisano di nascita ma parmense d’adozione si è laureato in scienze geologiche all’Università di Parma; è affermato disegnatore, fumettista e creatore di graphic novels, tra cui spicca la celebre serie “Rat-Man” (trasposta anche in cartone animato). La passione d’origine emerge da uno dei lavori più recenti di Ortolani, dal titolo Dinosauri che ce l’hanno fatta, pubblicato nel 2020 dopo una lunghissima gestazione iniziata, a sua detta, nel lontano 1972.

Altro personaggio è Gildo Di Marco, abruzzese di Sulmona, classe 1946. Studente di Scienze Geologiche alla Sapienza di Roma negli anni ’60, si laureò sotto la guida di Ruggero Matteucci con una tesi in micropaleontologia sulla successione laziale-abruzzese. Fu attore cinematografico, poi insegnante e ideatore della manifestazione rievocativa “Giostra cavalleresca di Sulmona”. Tra i lavori cinematografici più recenti di Gildo menzioniamo Mala tempora (2008) di Stefano Amadio, Baùll di Daniele Campea (2014), Un’icona d’argento (2017). La sua carriera artistica iniziò e si sviluppò tra gli anni ’60 e ’70, quando prese parte come attore caratterista a numerose pellicole di genere: Spaghetti-western (I Quattro dell’Ave Maria, 1968; Un esercito di cinque uomini, 1969; Arizona si scatenò... e li fece fuori tutti!, 1970; Continuavano a chiamarlo Trinità, 1971; Gli fumavano le colt… lo chiamavano Camposanto, 1971; Uomo avvisato mezzo salvato… Parola di Spirito Santo, 1971; Sentivano uno strano, eccitante puzzo di dollari, 1973); horror italiani anni ’70 con Dario Argento (L'uccello dalle piume di cristallo, 1970; 4 mosche di velluto grigio, 1971; Il tram, 1973); drammi come La bellissima estate (1974) di Sergio Martino; commedie quali Armiamoci e partite (1971) con Franchi e Ingrassia, Il terrore con gli occhi storti (regista Steno e protagonista Enrico Montesano, 1972), ma soprattutto Brancaleone alle crociate (1970). In quest’ultima pellicola, capolavoro del cinema italiano firmato dalla triade Monicelli-Age-Scarpelli, Gildo era tra i membri dell’armata di sgangherati in Terra Santa, ricoprendo il ruolo dello storpio ma vedente sempre portato, in una bizzarra simbiosi, a cavacecio dal cieco (Fig. 4). E’ lui l’oggetto di una delle migliori battute del film, magistralmente recitata da Adolfo Celi, il re Boemondo che parla in siculo a rima baciata, come nel Teatro dei Pupi: sul campo di battaglia, sotto le mura di Gerusalemme, Boemondo chiede a Brancaleone mentre passano in rassegna l’armata pronta alla pugna: “Vene cuntra a li nimici/ puri chiddu a cavacici?”. Tutto assolutamente sublime…

 

Fig. 4 - Gildo Di Marco in Brancaleone alle Crociate (1970), al centro in groppa al suo ‘destriero’.

SECONDO ATTO- MENS SANA IN CORPORE SANO: GEOLOGI ATLETI

La pratica dell’attività sportiva, specialmente quella agonistica, fu opportunità per i prestanti giovanotti menzionati nella prima parte per essere notati in quanto atleti e quindi introdotti nel cinema. Sia Odoardo Girotti che il fratello Mario ebbero negli anni ‘50 una esperienza agonistica come nuotatori presso la S.S. Lazio. Ernesto Centamore praticava invece il canottaggio.

Nel rugby eccelse Guglielmo Colussi, che alla professione geologica svolta all’estero affiancò una carriera rugbistica prima da giocatore (S.S. Lazio, CUS Roma e Rugby Roma) con 7 caps nella Nazionale maggiore (tra il 1957 e il 1968- Azzurro n. 164), poi da allenatore e dirigente sportivo. La maglia azzurra la vestì anche Mario Percudani (9 caps negli anni ’50. Azzurro n. 135), laureato in geologia che però fece l’imprenditore ortofrutticolo, 3 scudetti con la Rugby Parma. Nel campo affine dell’ingegneria idraulica e dell’idrologia si trova un terzo azzurro (4 presenze), il veneziano Andrea Rinaldo, ordinario di costruzioni idrauliche all’Università di Padova, già seconda linea del Petrarca, poi presidente del club patavino e dirigente della Federazione Italiana Rugby. Nella palla ovale si sono inoltre cimentati, a livello giovanile o amatoriale, vari geologi, tra cui: Lamberto Pannuzi, l’attuale presidente SGI Sandro Conticelli, Claudio Faccenna, Andrea Billi, Massimo Fabiani, Pierfrancesco Grangié, Marcello Goletti, Dario Tinti.

E in una galleria quasi tutta di personaggi maschili figura anche Patrizia Costa Pisani, laureata in scienze geologiche alla Sapienza con il già citato Centamore. Oggi Patrizia è senior staff seismic imaging geophysicist alla compagnia petrolifera Chevron (Houston, Texas, USA); a questo brillante curriculum si affianca anche un passato rugbistico di buon livello con l’Arvalia Rugby Villa Pamphili a Roma, che le è valso due presenze ufficiali con la Nazionale maggiore femminile.

Il paleontologo Nino Mariotti fu invece pallavolista in gioventù con il CUS Roma (1958-70), poi allenatore della squadra femminile in serie A (fino al 1986) e della juniores maschile che vinse il campionato italiano.

Il legame tra l’atletica leggera e la geologia lo incarnò appieno Renato Funiciello, il cui percorso intrecciato tra scienza e sport, prima come praticante e poi come precoce allenatore, è stato raccontato sul numero 36 di questa rivista (2013). Ma Renato non fu il solo a calcare le piste di tartan: negli anni ’60 si strutturava a Roma una nuova leva di atleti tra gli studenti universitari, aggregati attorno al Centro Universitario Sportivo Italiano. Tra i laureandi e giovani ricercatori di allora alterneranno le calzature sportive agli scarponi da montagna anche Gianni Lombardi, Umberto Nicosia, Giovanni “Jack” Pallini (più noto per le passioni pantagrueliche), Francesco Schiavinotto, Maria Alessandra Conti. Tra i docenti citiamo Antonio Praturlon e Giuseppe Sirna. Rivedere oggi, nell’epoca dell’abbigliamento sportivo griffato e delle scarpe di colori diversi e sgargianti, queste meravigliose immagini di tute striminzite, di tessuti scomodi e tutt’altro che antitraspiranti, di abbinamenti di capi improbabili fa sorridere, commuovere e inorgoglire allo stesso tempo (fig. 5, 6). Infine menzione per il professionista e autore di testi tecnici Giulio Riga, calabrese, che negli anni fu buon mezzofondista  (800 e 1500 m), allenato da Funik e da Oscar Barletta, vestendo i colori delle Fiamme Gialle e della nazionale.

 
Fig. 5 - Nei primi anni '70, alla partenza della maratona di Roma: da sinistra lo studente Renato Aquilani divenuto poi Geologo dell'AGIP, Gianni Lombardi, Renato Funiciello e uno studente di biologia.

Fig. 6 - Maratona di Capodanno di Roma organizzata dal CUS (1977): da sinistra Sandra Conti, Umberto Nicosia, Gianni Lombardi, Giovanni Pallini e Renato Funiciello.

TERZO ATTO- ISPIRATI DA EUTERPE E CALLIOPE, OVVERO DEI GEOLOGI MUSICISTI E POETI

Le Muse Euterpe e Calliope hanno ispirato diversi geologi nella musica e nella poesia.

Un personaggio peculiare è il parmense Roberto Mantovani (1854-1933) che, dopo essersi diplomato in violino alla Regia Scuola di Musica della sua città, divenne scienziato autodidatta. Ebbe un’esistenza originale, che lo portò dapprima per ragioni concertistiche all’isola di Reunion, dove si trattenne e visse poi per 15 anni, mettendo su famiglia e guadagnandosi da vivere come insegnante di musica e console onorario italiano. La permanenza nell’Oceano Indiano (su quello che in seguito sarebbe stato identificato come uno hot spot) lo portò a formulare precoci considerazioni di geodinamica: il contributo più noto di Mantovani, esposto in uno scritto del 1909, è infatti una teoria di deriva continentale connessa ad espansione del pianeta per dilatazione. La paternità del concetto di mobilità dei continenti, seppur in forma ancora embrionale e confusa, gli fu riconosciuta vent’anni dopo dallo stesso Alfred Wegener nel suo celebre “Die Entstehung der Kontinente und Ozeane” del 1929. Successivamente Mantovani si trasferì alle Isole Mauritius e poi in Bretagna.

Altra vicenda, di tempi meno remoti e luoghi non esotici. Nel 1976 si creò a Roma, nella grande stagione che ebbe il Folkstudio di Trastevere come luogo simbolico, il “Gruppo di musica acustica e medievale”. L’ensemble sviluppò un repertorio che, partendo dal Medioevo e dal Rinascimento europei, si è espanso a comprendere sonorità dell’area celtica e composizioni proprie. Il nucleo fondatore della formazione, evoluta nel tempo divenendo più semplicemente “Acustica Medievale” (fig.7), era composto dai fratelli Paolo (voce, fiati, chitarra) e Guido Benigni (chitarra, tastiere, voci) e da Massimo Santantonio (chitarre, mandolino) stratigrafo del carbonatico, già rilevatore del Servizio Geologico d’Italia e oggi professore presso l’Università Sapienza.

Fig. 7 - Acustica medievale in concerto (a destra Massimo Santantonio al mandolino)

E’ del 1982 l’incisione di un LP (era ancora l’epoca del vinile), l’omonimo Acustica Medievale, etichetta Folkstudio; della formazione che incise quell’album del 1982 fece parte altresì, al basso e alle percussioni, Fabrizio Cecca (fig. 8), altro paleontologo/stratigrafo, oltre che contrabbassista/compositore. Anche lui faceva parte della covata di appassionati che Giovanni “Jack” Pallini plasmò sulla dorsale umbro marchigiana, facendone degli specialisti di ammoniti. Cecca si laureò presso La Sapienza nel 1981/82, con una tesi sulle associazioni del Giurassico superiore dell'Appennino Umbro-Marchigiano; successivamente conseguì il Dottorato di Ricerca presso l'Università di Lione sotto la guida di Raymond Enay, lavorando nel Bacino Voconziano. Nel periodo fine anni '80 - metà anni '90 fu geologo presso il Servizio Geologico d'Italia e ricercatore presso l'Università di Urbino; si trasferì poi definitivamente in Francia, inizialmente all'Università di Marsiglia e infine a Parigi, divenendo professore di paleontologia all'Université Pierre et Marie Curie. Dal punto di vista musicale ebbe una lunga carriera, iniziata nel 1976 in Italia e proseguita in Francia in parallelo a quella scientifica. Spaziò in vari campi: oltre all’esperienza con la visionaria Folk Magic Band negli anni Settanta e quella con gli Acustica medievale, fu apprezzato jazzista, e collaborò con vari cantautori italiani, quali Francesco De Gregori, Mimmo Locasciulli e Sergio Caputo.

Fig. 8 - Fabrizio Cecca (1957-2014)

Nel 1991 Acustica Medievale si sciolse, per ritrovarsi vent’anni dopo, nel 2011, in una “release 2.0”. In questo lasso di tempo Massimo Santantonio si è dedicato, oltre che alla ricerca geologica, ad un’altra formazione, il “Massimo Santantonio Quintet” nato negli anni ’90, che ha prodotto tre album (“Massimo Santantonio Quintet – featuring Antonello Salis”, 1995; “Script” 2001; “Rome to Yerevan, and back” 2016).

Passiamo poi ad un altro geologo artista, Carlo Doglioni, docente di geologia strutturale presso le Università di Ferrara, Potenza e Sapienza di Roma, già presidente SGI e attuale Presidente dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. Le cose appena dette su Carlo sono arcinote, ma non tutti sanno invece che egli è un eccellente pianista, allievo di Franco D'Andrea, membro del famoso gruppo di proto-fusion italiano degli anni '70 "Perigeo".

Ancora un’altra storia musicale. Francesco Dramis, illustre geomorfologo, è stato professore alle Università di Camerino (ancora Camerino! fa un buon effetto l’aria marchigiana…) e Roma TRE. In gioventù, oltre a percuotere le rocce con il martello, Franco faceva altrettanto con le bacchette sulla pelle tesa dei tamburi. Alla fine degli anni ’50, da studente al Liceo Classico “Giulio Cesare” di Roma, entrò a far parte di un quartetto jazz che si dedicava anche alla musica leggera. Negli anni degli studi universitari l’attività di batterista cominciò a diventare remunerativa, con i tè danzanti pomeridiani e serate nei night romani dell’epoca. In particolare si cita il noto locale “Grotte del Piccione” in via della Vite (fig.9), frequentato dalle star del cinema italiano e internazionale negli anni della Dolce Vita e della ‘Hollywood sul Tevere’; vi si esibivano all’epoca Carlo Loffredo, Fred Buscaglione, Marino Barreto jr, Bruno Martino, per citarne alcuni. Nuove collaborazioni iniziarono per Dramis con artisti quali Memmo Foresi, Carlo Loffredo, Johnny Cabildo (al secolo Giorgio Sabelli) e Lucio Battisti; con quest’ultimo Franco fece parte di un complesso che faceva serate nei locali romani e in varie località turistiche durante l’estate. Il repertorio spaziava da jazz e dixieland ai generi latinoamericani. Dopo la laurea nel 1963, ancora qualche esibizione di Franco con formazioni jazz al già ricordato Folkstudio. Va infine detto che anche lui, in qualità di musicista, ha avuto una apparizione cinematografica, nel film “Primo applauso” (1957) con protagonista Claudio Villa, soggetto e sceneggiatura di Vincenzo Talarico.

Fig. 9 - Francesco Dramis alla batteria, on stage alle Grotte del Piccione (Roma), negli anni Sessanta.

E infine ancora un camerte musicista: è Gilberto Pambianchi, allievo di Dramis e professore di geomorfologia all’università marchigiana, tuttora chitarra e voce della formazione Old Boys.

 Per chiudere passiamo alla poesia, con un nome su tutti: Edoardo Semenza (fig. 10). Egli è noto come il geologo che scoprì la grande frana del Vajont nell’agosto 1959, più di quattro anni prima del tragico il disastro del 9 Ottobre 1963. Nato a Vittorio Veneto, Semenza era figlio dell’ingegner Carlo, progettista e costruttore della diga omonima; laureatosi all’Università di Padova, è stato professore presso quella di Ferrara per più di 40 anni. Il suo campo di attività fu quello della Geologia applicata, con particolare riguardo ai fenomeni franosi e agli studi geologici propedeutici alla progettazione delle opere di ingegneria civile. Fu anche consigliere nazionale dell’Ordine dei Geologi, coordinatore del primo Dottorato italiano di Geologia Applicata, membro del Gruppo Nazionale per la Difesa dalle Catastrofi Idrogeologiche del CNR. Memorabile resta la sua vena poetica, con cui non mancava di celebrare in versi le Riunioni della Società Geologica Italiana. Ai suoi sonetti il compito di aprire molti degli atti di quei convegni. Su tutte, è d’obbligo menzionare le rime baciate con cui, sugli atti del congresso del 1978, descrisse magistralmente ed in poche parole, la storia delle Linea “Ancona- Anzio” e del dibattito scientifico attorno ad essa:

 

Compressiva o distensiva,

trascorrente, morta o attiva;

l’A-A a quanto pare

è una faglia tuttofare

stira, struscia,

strucca o scorre

proprio come a ognuno occorre”.

 

Fig. 10 - Edoardo Semenza (1927-2002)

Si chiude qui- per ora - la rassegna in tre atti degli Estrosi Geoitaliani, che ci hanno fatto e ci fanno ancora divertire. Di questo la comunità geologica italiana deve essere immensamente grata a tutti loro.

 

Ringraziamenti

Questa narrazione si basa su informazioni carpite, suggerite o caparbiamente cercate, che giunte una dopo l’altra hanno portato il testo ad esser più volte riveduto e aggiornato. L’auspicio è che questa sia da stimolo per analoghe storie di ‘vite parallele’, con cui altri colleghi e colleghe vorranno proseguire il filone. Un particolare ringraziamento per la documentazione fotografica e per le preziose informazioni a: Silvano Agostini, Ernesto Centamore, Domenico Cosentino, Giorgio Vittorio Dal Piaz, Gildo Di Marco, Francesco Dramis, Francesca e Fabio Funiciello, Pierfrancesco Grangié, Gianni Lombardi, Giacomo Mazzocchi, Umberto Nicosia, Antonio Praturlon, Massimo Santantonio, Umberto Risi.

 

 

Didascalie figure

Fig. 1 Sul set di Ben Hur: a sinistra Ernesto Centamore, a destra Biagio Camponeschi e sopra di loro Minerba, un loro compagno di studi.

Fig. 2 Un adolescente Antonio Praturlon (primo da sinistra, con gli occhiali in mano) nella locandina del film “Miss Italia” del 1950.

Fig. 3 Praturlon in servizio come concierge all'Hotel Royal di Courmayeur (Vallèe d’Aoste), con Silvana Pampanini nell’estate 1965 o 1966.

Fig. 4 Gildo Di Marco in Brancaleone alle Crociate (1970), al centro in groppa al suo ‘destriero’.

Fig. 5 Nei primi anni '70, alla partenza della maratona di Roma: da sinistra lo studente Renato Aquilani divenuto poi Geologo dell'AGIP, Gianni Lombardi, Renato Funiciello e uno studente di biologia.

Fig. 6 Maratona di Capodanno di Roma organizzata dal CUS (1977): da sinistra Sandra Conti, Umberto Nicosia, Gianni Lombardi, Giovanni Pallini e Renato Funiciello.

Fig. 7 Acustica medievale in concerto (a destra Massimo Santantonio al mandolino)

Fig. 8 Fabrizio Cecca (1957-2014)

Fig. 9 Francesco Dramis alla batteria, on stage alle Grotte del Piccione (Roma), negli anni Sessanta.

Fig. 10 Edoardo Semenza (1927-2002)