mercoledì 7 novembre 2018

Estrosi geologi, Primo Atto: LA SETTIMA ARTE

di Alessio Argentieri

Le fondamenta del progetto Geoitaliani poggiano sulle figure quasi leggendarie dei precursori delle discipline geologiche nel nostro Paese.
Come già ricordato su queste pagine (http://www.geoitaliani.it/2013/07/geoitalians-did-it-better-ovvero-del.html), è indiscusso che le scienze naturali si siano sviluppate in Italia a partire dal Rinascimento. I protagonisti di questi albori furono scienziati poliedrici, attivi in campi disparati, dall’anatomia alla botanica, dalla chimica alla medicina, dalla zoologia alla geologia. Alchimisti, metallurgisti, sezionatori di cadaveri, forse anche un po’ stregoni.
Questa tendenza alla multiformità di interessi, la cui massima espressione si incarnò in Leonardo da Vinci, deve essersi propagata nel tempo e nello spazio, lasciando una traccia nel “DNA virtuale” dei geologi italiani, sino ai giorni nostri.
Ecco perciò un casuale, e ovviamente incompleto, repertorio di personaggi che, nel passato recente e prossimo, hanno sviluppato e coltivato interessi paralleli alla passione per la geologia. E’ una narrazione basata in gran parte su informazioni carpite, suggerite o caparbiamente cercate e che, giunte una dopo l’altra, hanno portato il testo ad esser più volte riveduto e aggiornato. L’auspicio è che questa sia da stimolo per analoghe storie di “vite parallele”, con cui altri colleghi e colleghe vorranno a proseguire il filone sulle pagine di GEOITALIANI.


Per cominciare, ecco a voi i geologi transitati, e in alcuni casi rimasti, nel magico mondo della cinematografia. Fatta la premessa, non resta perciò che proferire le parole magiche: “MOTORE! PARTITO! CIAK! AZIONE!

PRIMO ATTO- La Settima Arte: geologi attori
E’ d’obbligo iniziare la rassegna di presenze sul grande schermo con la foto che per prima ha ispirato questo racconto: tre giovani prestanti in costume di scena, a formare una piccola piramide umana (Fig. 1).


Fig. 1 - Sul set di Ben Hur: a sinistra Ernesto Centamore, a destra Biagio Camponeschi e sopra di loro Minerba, un loro compagno di studi.
Sono Ernesto Centamore (che sarebbe divenuto prima rilevatore del Servizio Geologico d’Italia e poi professore presso le Università di Camerino e Roma- La Sapienza) e Biagio Camponeschi (futuro docente presso la Facoltà di Ingegneria della Sapienza e all’Università di Perugia), giovani figuranti del più famoso Colossal della storia del cinema: “BEN HUR”, prodotto dalla Metro Goldwyn Mayer e realizzato a Roma, negli studi di Cinecittà, tra il 1958 e il 1959 (Fig.2). 
Fig. 2 - La locandina di Ben Hur (1958).

Per dare vita alla storia del principe ebreo Judah Ben Hur (protagonista del romanzo omonimo scritto da Lewis Wallace, generale dell’Esercito dell’Unione durante la Guerra di secessione americana) la produzione scelse come interprete Charlton Heston e come regista William Wyler. La pellicola, che avrebbe poi conquistato 11 premi Oscar, richiese uno sforzo economico imponente: 15 milioni di dollari, una parte dei quali utilizzata per pagare i circa 50.000 tra generici, figuranti e comparse reclutati a Roma. Tra di loro, gli aitanti giovanotti nella foto.
Poche sere fa è stato un privilegio, per noi incanutiti e stempiati ex giovani allievi di Ernesto, ritrovarsi a distanza di anni con lui in un contesto conviviale (habitat naturale per l’uno e per gli altri) ed ascoltare i racconti della sua esperienza sul set come “generico extra di prima categoria” in BEN HUR. Con tale qualifica egli ricoprì durante le riprese più ruoli: pretoriano con lancia e scudo piantato solidamente davanti alla meta; pirata; tamburino portainsegne. Memorabili i racconti della scene della Via Crucis, nelle esotica location simbruina degli Altipiani di Arcinazzo, e della battaglia navale nel vascone di Cinecittà, con il pirata Biagio Camponeschi che liscia tragicamente la passerella durante l’arrembaggio, precipitando lungo la murata dell’imbarcazione. Ci vengono perciò in mente le parole di Walter Alvarez: “my friend Ernesto Centamore, a giant Italian with a gargantuan appetite for life, for food, and for geology” (in “T. rex and the crater of Doom”, 1997). Una definizione concepita sulle montagne umbro-marchigiane negli anni ’70, che ancora oggi gli si attaglia alla perfezione.

Restando in campo cinematografico, un laureato in Scienze Geologiche del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Camerino ha scelto la passione della gioventù, la recitazione. E’ il camerte Cesare Bocci (fig. 3), classe 1956, tra i cui meriti artistici è d’obbligo citare in primis l’aver dato meravigliosamente corpo al Vicecommissario Mimì Augello: senza di lui, non avrebbe ragion d’essere neanche l’amato Commissario Salvo Montalbano. 


Fig. 3 - Cesare Bocci.
A lettrici e lettori di GEOITALIANI regaliamo qui - grazie a fonte confidenziale attendibile- una chicca sulle prime interpretazioni di Bocci, abile a cambiar dialetto: durante una serata di un’escursione di universitari camerti, Cesare si produsse assieme al compagno di studi Peppe Vella in una applaudita imitazione della coppia formata dal romano Ernesto Centamore e dal gallurese Giovanni Deiana (coraggiosamente fatta davanti ai due originali!). Ricordiamo infine che Cesare, oltre a prestare il proprio volto a molte iniziative benefiche, è stato anche testimonial della Seconda edizione della “Settimana del Pianeta Terra” (2011) e anche della Sesta tenutasi quest’anno dal 14 al 21 Ottobre (video spot 2018: https://www.settimanaterra.org/video-spot).

Spariamo adesso un’altra cartuccia formidabile. Negli anni ‘50 sul lago Maggiore si doveva fare veramente una bella vita; lascio che ne assaporiate l’atmosfera attraverso le parole di chi ce lo ha raccontato: “Sono nato e cresciuto sul Lago Maggiore, a Stresa, e nel primo dopoguerra c'erano il casinò, le prime elezioni di Miss Italia e tanto movimento, per cui era normale che girassero tanti film, e che noi ragazzi del paese venissimo invitati a partecipare, come comparse e talora come caratteristi. Così sono stato comparsa in “Una notte con te”, “Cronaca di un amore”, e altri di cui non ricordo il titolo, mentre ho avuto una particina in “Miss Italia”, dove rappresentavo uno studente secchione, con gli occhiali, fan di una Miss Italia che era la Gina Lollobrigida (che io già conoscevo di persona). Quando mi è capitato, dopo cinquanta anni, di vedere il film, non ho più ritrovato alcune scene che avevo girato, ma avevo conservato delle locandine, tra cui quella che ti ho trasmesso. Tutto qui, allora come futuro geologo andavo a mezzogiorno alle cave di Baveno, quando facevano saltare le mine, a cercare tra i massi frantumati dei bei cristalli di quarzo e ortoclasio. Ma ero ancora in prima liceo.
Quell’adolescente, signore e signori, era Antonio Praturlon, futuro membro della “trinità geologica” con Colacicchi e Castellarin, che in fig. 4 potete ammirare nella locandina di “Miss Italia” del 1950. “Chi se lo fosse mai creso!”, per citare Pippo Franco, un autore di riferimento per noi goliardici studenti di geologia a Roma tra gli anni ‘70 e ’80.


Fig. 4 - Un adolescente Antonio Praturlon (primo da sinistra, con gli occhiali in mano) nella locandina del film “Miss Italia” del 1950.
Ma ecco, inaspettato, un altro piccolo coup de théâtre con cui il redattore contraccambia il regalo che ci ha fatto il Prat: lo sapete chi era lo sceneggiatore di “Miss Italia”? Vittorio Nino Novarese, vincitore poi di due premi Oscar come costumista, ma soprattutto figlio del grande geologo Vittorio Novarese!!!


Il legame tra geologia e cinema ci porta ora a tre fratelli originari di Amelia, presso Terni: Odoardo, Piero e Mario Girotti, tutti e tre con esperienze di recitazione. Per Mario, noto con il nome d’arte di Terence Hill (fig. 5), una lunghissima carriera iniziata coi Musicarelli degli anni ’50, poi il grande successo tra la fine dei anni ’60 e i ‘70 come cowboy (spesso sugli scenari delle nostre montagne: cowboys nell'Appennino Laziale-Abruzzese ).


Fig. 5 - Terence Hill con Bud Spencer.
La longeva professione di attore avrebbe poi riportato a Terence, dopo molti anni, una nuova celebrità quale prete in bicicletta, con tonaca e baschetto, sui bellissimi scenari dell’Umbria, quelle “Montagne di San Francesco” tanto care ai geologi di cui abbiamo parlato in una nota breve del 2017 (link http://jmes.it/index.php/jmes/article/view/115).
Veniamo al fratello maggiore Odoardo Girotti (fig. 6), geologo quaternarista e già professore presso l’Università di Roma “La Sapienza”, e alla sua presenza cinematografica di gioventù in “Viale della speranza” di Dino Risi (1952; fig. 7), il cui protagonista era Marcello Mastroianni. Mi concedo qui una piccola divagazione: Marcello, in virtù del diploma di perito edile, operò durante la Seconda Guerra Mondiale come disegnatore tecnico presso l’Istituto Geografico Militare di Firenze; un'altra sottile liaison tra cinema e discipline della Terra. Mi piace aggiungere che Marcello lavorò poi nel dopoguerra presso la casa di produzione cinematografica britannica “Eagle-Lion”; il suo capoufficio a Roma era mio nonno paterno Mario Argentieri che, intuita la scarsa attitudine di Mastroianni per la carriera impiegatizia, lo licenziò invitandolo a dedicarsi a quella artistica (cosa di cui Marcello, molti anni dopo, si ricordava con gratitudine, come io e i miei familiari avemmo la fortuna di sentire direttamente da lui).


Fig. 6 - Odoardo Girotti.


Fig. 7 - Locandina di “Viale della speranza”.
Ritornando sul filone principale menzioniamo infine, per completezza di informazione, che il minore dei fratelli Girotti, Piero, recitò come attore in “Il padrone sono me!” di Franco Brusati (1955), con Paolo Stoppa e Andreina Pagnani.


Il paleontologo Carlo Sarti, classe 1962, nativo di Budrio e laureatosi all’Università di Bologna, è il curatore del Museo Geologico “Giovanni Capellini” del capoluogo emiliano. Ricercatore, scrittore e divulgatore, egli di recente ha anche collaborato con la nostra Sezione di Storia delle Geoscienze come componente del board dei revisori per il volume “Tre secoli di Geologia in Italia”, Numero 44 dei Rendiconti Online della Società Geologica Italiana (marzo 2018). Oltre a questo, Carlo è anche regista e sceneggiatore di lungometraggi e cortometraggi; tra i titoli della sua filmografia citiamo “Goodbye Mr. Zeus” del 2009 e “La finestra di Alice” del 2013.

Viene poi naturale menzionare i giovani componenti del gruppo base di Roma della Sezione di Storia delle Geoscienze (Marco Romano con Simone Fabbi, Marco Lesti e Leonardo Macelloni), che si sono cimentati nei due “cortissimimetraggi” dal titolo "In guerra con le Aquile", trailer del convegno "IN GUERRA CON LE AQUILE. Geologi e cartografi sui fronti alpini del Primo Conflitto Mondiale" di Trento del 2015. Ecco i riferimenti per visionare la prima versione con cui è stato promosso inizialmente il convegno
e la seconda release di cui è stato attore protagonista il socio Marco Lesti



Un altro personaggio da menzionare tra gli estrosi geologi in scena è Gildo Di Marco, abruzzese di Sulmona, classe 1946. Studente di Scienze Geologiche alla Sapienza di Roma negli anni ’60, si laureò sotto la guida di Ruggero Matteucci con una tesi in micropaleontologia sulla successione laziale-abruzzese. Gildo, persona dai molti interessi, divenne poi attore cinematografico e insegnante nella sua città; a partire dal 1995 e sino a poco tempo fa ha guidato la manifestazione rievocativa “Giostra cavalleresca di Sulmona”. Tra i lavori cinematografici più recenti di Gildo menzioniamo Mala tempora (2008) di Stefano Amadio, Baùll di Daniele Campea (2014), Un’icona d’argento (2017). La sua carriera artistica è iniziata e si è sviluppata tra gli anni ’60 e ’70, quando prese parte come attore caratterista a numerose pellicole di genere: Spaghetti-western (I Quattro dell’Ave Maria, 1968; Un esercito di cinque uomini, 1969; Arizona si scatenò... e li fece fuori tutti!, 1970; Continuavano a chiamarlo Trinità, 1971; Gli fumavano le colt… lo chiamavano Camposanto, 1971; Uomo avvisato mezzo salvato… Parola di Spirito Santo, 1971; Sentivano uno strano, eccitante puzzo di dollari, 1973); horror italiani degli anni ’70 con Dario Argento (L'uccello dalle piume di cristallo, 1970; 4 mosche di velluto grigio, 1971; Il tram, 1973); film drammatici come La bellissima estate (1974) di Sergio Martino; commedie quali Armiamoci e partite (1971) con Franchi e Ingrassia, Il terrore con gli occhi storti (regista Steno e protagonista Enrico Montesano, 1972), ma soprattutto Brancaleone alle crociate (1970). In quest’ultima pellicola, capolavoro del cinema italiano firmato da Mario Monicelli, Agenore Incrocci e Furio Scarpelli, Gildo era tra i membri dell’armata di Brancaleone in Terra Santa, ricoprendo il ruolo dello storpio ma vedente sempre portato, in una bizzarra simbiosi, a cavacecio dal cieco (Fig. 8).


Fig. 8 - Gildo Di Marco in “Brancaleone alle Crociate” (1970),
secondo da sinistra in groppa al suo “destriero”.
E’ lui l’oggetto di una delle migliori battute del film, magistralmente recitata da Adolfo Celi, il re Boemondo che parla in siculo a rima baciata, come nel Teatro dei Pupi: sul campo di battaglia sotto le mura di Gerusalemme Boemondo, mentre passano in rassegna l’armata pronta alla pugna, chiede a Brancaleone: “Veni cuntra a li nimici/ puri chiddu a cavacici?”.


Tutto assolutamente sublime, dall’inizio dell’avventura di GEOITALIANI poter narrare queste vicende è quanto di meglio ci sia capitato. Per fortuna ancora ce n’è da dire…

…TO BE CONTINUED…

CREDITI
A conclusione del Primo Atto della rassegna di estrosi geologi, ed in anticipo per gli Atti che seguiranno su GEOITALIANI, ringrazio dal profondo del cuore per le preziose informazioni e/o la documentazione fotografica: Silvano Agostini, Ernesto Centamore, Domenico Cosentino, Gildo Di Marco, Francesco Dramis, Francesca e Fabio Funiciello, Gianni Lombardi, Umberto Nicosia, Antonio Praturlon, Umberto Risi, Massimo Santantonio. E la mia famiglia, che mi ha trasmesso una inguaribile passione per il cinema. (A.A.)

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