lunedì 30 gennaio 2017

Orazio Silvestri: un vulcanologo tra Etna e Isole Eolie

di Guglielmo Manitta


La vulcanologia italiana nella seconda metà del XIX secolo ebbe un grande sviluppo grazie a figure di primo piano, come Orazio Silvestri, Arcangelo Scacchi (nota 1) e Giuseppe Mercalli (nota 2), che apportarono notevoli cambiamenti nel metodo di studio dei fenomeni vulcanici e nelle interpretazioni di essi.
Silvestri, a differenza degli altri due vulcanologi, opera prevalentemente sui vulcani siciliani, non solo l’Etna, ma anche con particolare attenzione su Vulcano, di cui studiò l’eruzione del 1888-1890, e sullo Stromboli.

Orazio Silvestri nacque a Firenze il 7 febbraio 1835, da Giovanni e Giuditta Orengo. Nel 1853 si laurea in scienze fisico-chimiche e naturali presso l’Università di Pisa. Un anno più tardi è ammesso, tramite un concorso, alla Regia Scuola Normale Superiore di Pisa. Fu allievo di illustri studiosi del tempo, tra i quali Carlo Matteucci e Ferdinand André Fouqué.
Nel 1859 fu nominato professore di chimica generale nel Regio Liceo di Pisa e nel 1862 divenne assistente della cattedra di Chimica all’'Università di Napoli. Solo nel 1863 diverrà professore ordinario di chimica generale nell'ateneo catanese.
Nel 1869 sposò Angelina Biego, che le darà il figlio Alfredo. Si trasferì a Torino nel 1874 per sostituire il prof. Kopp che aveva lasciato il posto nel Museo Industriale Italiano. Nello stesso anno assistette sull'Etna a un’eruzione laterale sull'alto versante settentrionale del vulcano, definita dallo stesso “abortita”. Infatti, la brusca interruzione di essa fece supporre a Silvestri una futura riattivazione del vulcano sul fianco già squarciato.
Ritornerà a Catania nel 1877 come professore di geologia e mineralogia e come titolare della nuova cattedra di chimico-fisica terrestre con particolari applicazioni all'Etna. Raccoglierà numerosissimi campioni di rocce, progettando il museo di Chimico-Fisica terrestre, mineralogia e geologia sulla Sicilia.
Le raccolte private di Silvestri furono molto apprezzate durante le esposizioni in Italia. Una raccolta fu premiata all'Esposizione Nazionale del 1884 di Torino.
Nel 1879 l’eruzione bilaterale dell’Etna lo terrà occupato negli studi scientifici. In occasione di questo evento eruttivo fece parte, assieme ai professori Gaetano Giorgio Gemmellaro e Pietro Blaserna, di una Commissione Scientifica, nominata dal Governo per lo studio dei fenomeni vulcanici.
In seguito a questa eruzione propose l’installazione di vari strumenti sismici, con l’intento di creare una rete di osservatori sparsi sul vulcano. La costruzione di questa rete sismica occuperà gli anni 1880-82 ed entrerà in funzione nel gennaio del 1883, poco prima dell’eruzione laterale del 22 marzo. 
L’eruzione del marzo 1883 è stata la prima eruzione dell’Etna ad essere prevista con qualche ora d’anticipo tramite l’ausilio di strumenti sismici. Infatti, nelle prime ore del pomeriggio del giorno antecedente, Silvestri comunicava telegraficamente al Ministro dell’Agricoltura, Industria e Commercio: 
«Ufficio telegrafico di Roma CentraleEccellenza Ministro Agricoltura Commercio – RomaRicevuto il 21/3 1883 ore 15:30Intiera regione etnea agitata continui terremoti generalmente sussultorj. Popolazioni spaventate temono disastri servizio sismico. Circumetneo applaudito attivissimo. – Silvestri –»
In quegli anni, durante la costruzione della rete sismica etnea, Silvestri proseguiva le osservazioni sismologiche analizzando gli effetti macrosismici, diramando alla stampa nazionale comunicati rassicurativi.
Su La Stampa del 12 marzo 1881, infatti, fu pubblicato il seguente comunicato:
«Catania, 5 marzo – Sul basso versante orientale dell’Etna e specialmente nelle campagne di Bongiardo e Mangano, il dì 27 febbraio ora scorso, dalle 9 ant. alla mezzanotte, il suolo fu a brevi intervalli (da 15 a 20 minuti) agitato da ripetute scosse ondulatorie. Si contarono in numero di 12 quelle più forti o capaci di incutere timore. La popolazione del paese di Bongiardo, più suscettibile dietro gravi disastri sofferti per i terremoti ivi accaduti nel giugno 1879 all'epoca della eruzione etnea, lasciò nella notte dal 27 al 28 febbraio le proprie abitazioni per attendere all'aperto il ritorno della calma. Prof. Orazio Silvestri». (nota 3)
L’idea di un osservatorio per gli studi vulcanologici sull'Etna era tra le idee del Silvestri sin dal 1865. Tuttavia nel 1879 fu edificato l’Osservatorio Astronomico Vincenzo Bellini a Piano del Lago ad una quota di circa 2900 metri. Nel 1880 il Rettore dell’Università catanese chiese la disponibilità di alcuni locali dell’osservatorio per la cattedra che ricopriva Silvestri. L’anno successivo il vulcanologo è nominato direttore del Regio Istituto Vulcanologico Etneo.
L’ultima eruzione dell’Etna che egli osservò fu quella iniziata il 18 maggio 1886. Le osservazioni di campo furono limitate, come indica il telegramma inviato il 23 maggio 1886 dal ministro Grimaldi al vulcanologo catanese:
«Giornali dicono condizioni salute di Lei impediscanle osservazioni sui luoghi fenomeni». (nota 4)
La stessa questione è affrontata in una lettera scritta per il ministro dell’Interno rivolta a quello d’Agricoltura, Industria e Commercio del 23 agosto 1886:
«Aggiunge il Prefetto che eziandio il Comm. Prof. Silvestri lo soccorse con le sue cognizioni scientifiche e gli fu largo dei suoi consigli e sebbene nelle fasi dell’eruzione fosse costretto a rimanere in casa perché affetto da grave oftalmia. Egli pubblicò già una prima relazione ed ora ne pubblicherà un’altra nella quale sulle informazioni avute dai suoi dipendenti farà la storia di questa eruzione che aveva preveduta sin dall'anno 1883».
Per l’aggravarsi della malattia, l’oftalmia, non avrà il tempo necessario per pubblicare gli studi sul fenomeno, che saranno dati alle stampe dal figlio Alfredo nel 1893. Il 19 gennaio 1887 Silvestri aveva comunicato al Ministro d’Agricoltura, Industria e Commercio riguardo alla pubblicazione delle tavole e della relazione tali parole:
«La benemerita Accademia Gioenia di scienze naturali a Catania, quantunque si trovi con limitati mezzi, pure ha assunto l’impegno delle pubblicazioni del testo, decorrono però Lire 3000 per la pubblicazione di 25 tavole (eliotipie, incisioni, diagrammi) che fedelmente rappresentano le manifestazioni vulcaniche nelle loro varie fasi dal principio alla fine del parossismo ed i fenomeni geodinamici dai terribili sconvolgimenti del suolo per effetto di esplosioni, ai terremoti che con maggiore e minore intensità hanno agitato la regione».
Tenne delle lezioni durante la residenza torinese, come quella del 24 gennaio 1875 sui giacimenti solfiferi dell’Italia. Fece parte della Commissione Scientifica, assieme ai professori G. Mercalli, G. Glablovitz, V. Clerici e agli assistenti S. Consiglio Ponte e Alfredo Silvestri, per lo studio dell’eruzione di Vulcano degli anni 1888-1890.
A lui sono dedicati i Monti Silvestri sul medio versante meridionale dell’Etna, formatisi durante l’eruzione laterale del 1892. Fu tra i fondatori della sezione catanese del Club Alpino Italiano. Nel 1876 individuò un nuovo minerale vulcanico, chiamato azoturo di ferro.


Morì a Catania il 17 agosto 1890. Il quotidiano nazionale La Stampa il giorno successivo annunciava così il triste avvenimento:
«Un telegramma da Catania reca il triste annunzio della morte del prof. Orazio Silvestri, avvenuta in quella città nella notte di sabato scorso. Il Silvestri illustre scienziato era professore di mineralogia e direttore del gabinetto vulcanologico di Catania. Nel 1874 dirigeva in Torino il Museo Industriale, conquistando la stima e l’affetto di tutti. Per la morte del Silvestri le bandiere dell’Università e dei gabinetti scientifici di Catania sono abbrunate». (nota 5)
Note:
1) Arcangelo Scacchi (Gravina in Puglia, 8 febbraio 1810 – Napoli, 11 ottobre 1893) è stato un mineralogista, geologo e vulcanologo italiano.
2) Giuseppe Mercalli (Milano, 21 maggio 1850 – Napoli, 18 marzo 1914) è stato un sacerdote, geologo, sismologo e vulcanologo italiano, noto per la scala macrosismica.
3) Prima lettera del fondo sull’eruzione del 1883, Archivio Centrale dello Stato, IV versamento, busta 797, posizione 90, fascicolo 9, sotto fascicolo 3.
4) Archivio Centrale dello Stato, IV versamento, busta 797, posizione 90, fascicolo 9, sotto fascicolo 11.
5) La Stampa, lunedì 18 agosto 1890, pag. 3.

martedì 24 gennaio 2017

Il Museo delle Scienze del Liceo Classico “Torquato Tasso” di Roma

Luoghi della memoria e memoria dei luoghi

di Alessio Argentieri, Simone Fabbi e Marco Romano


Fig. 1 - Il nuovo Liceo Tasso in Via Sicilia
La storia del liceo classico “Torquato Tasso” di Roma comincia negli anni immediatamente successivi all’annessione della città al Regno d’Italia, quando si dovette affrontare il problema di istituire una scuola pubblica, laica e non élitaria, per superare il monopolio nella formazione dei giovani, che, nello Stato Pontificio, era appannaggio esclusivo dei religiosi.
Negli anni settanta del XIX secolo l’istruzione secondaria pubblica contava a Roma su pochi istituti, tra cui primeggiava il liceo classico “Ennio Quirino Visconti”, ospitato in una sede dal grande valore simbolico: il Collegio Romano. Da quella sede erano stati infatti espulsi i gesuiti, che avevano iniziato la tradizione dello studio delle scienze astronomiche, meteorologiche e geofisiche nella Roma papalina.
Nel 1887 venne istituito, con sede distribuita in alcune stanze a Piazza Firenze ed altre a Via Ripetta, un nuovo istituto denominato “Ginnasio IV”, quarto ginnasio liceo pubblico della città dopo il citato Visconti, il Terenzio Mamiani e l’Umberto I. La scuola fu poi trasferita presso Vicolo delle Fiamme (un tratto dell’attuale Via Leonida Bissolati) assumendo il nome di Liceo Tasso.
Finalmente, nell’ottobre del 1908, la scuola si insediò nella prestigiosa e definitiva sede di Via Sicilia (oggi civico 156), progettata dall’ingegnere e architetto Mario Moretti (Roma 1845-1921) e costruita a partire dal 1905 dalla ditta Calderai. Moretti fu Capo dell’Ufficio tecnico comunale dell’amministrazione Nathan, nonché uno degli estensori del Piano regolatore capitolino del 1908 (di cui abbiamo già parlato a proposito dei geologi nell’odonomastica della Città Eterna). Il progetto presentato dall’autore, assieme al Preside Venerio Orlandi, all’Esposizione internazionale di Bruxelles del 1910, risultando vincitore.

Fig. 2 - L’ingegner Moretti e il sindaco Ernesto Nathan (Londra 1848- Roma 1921)
con il Re Vittorio Emanuele III in una cerimonia al Pincio il 21 Aprile 1908
(fonte: rivista URIA n° 4-6/2012)
Presso la scuola si sono formate, nei suoi 130 anni di storia (la ricorrenza cadrà quest’anno), varie generazioni di studenti, molti dei quali hanno rivestito un ruolo di primo piano negli ambiti politici, istituzionali, culturali e scientifici del Paese. Tra di loro anche alcuni personaggi che hanno lasciato il segno nei vari campi delle Scienze della Terra, tra cui rammentiamo: 
Roberto Almagià (Firenze 1884- Roma 1962) figura trainante della geografia italiana nella parte centrale del XX secolo, che conseguì la licenza liceale nell’A.S. 1900-01 e poi divenne allievo di Giuseppe Della Vedova alla Sapienza;


Fig. 3 - Roberto Almagià, geografo

 Renato Funiciello (Tripoli 1939- Roma 2009), che, proprio da studente liceale al Tasso, si avvicinò all’atletica leggera, altra sua grande passione - oltre alla geologia- che abbiamo già rinverdito su queste pagine (qui)


Fig. 4 - Renato Funiciello, futuro geologo, all’ingresso dello Stadio delle Aquile
(oggi intitolato a Paolo Rosi) all’Acqua Acetosa (cortesia di Umberto Risi).
Nel Marzo 2014 è stato inaugurato il nuovo "Museo delle Scienze" al Liceo Tasso, realizzato grazie alla collaborazione tra docenti, genitori e studenti, sotto l’égida del Polo Museale della Sapienza- “Università di Roma. Il progetto ha consentito il riordino di un’ampia collezione di materiale didattico- scientifico (campioni, reperti naturali, strumenti di misura, dimostratori scientifici, ecc.) abbracciante varie discipline: Chimica, Fisica, Biologia, Paleontologia, Mineralogia e Geologia. Il patrimonio storico, raccolto in oltre un secolo di storia dell’Istituto, a partire dal 1890, è oggi visibile nella sua collocazione “naturale”, le storiche vetrine, esse stesse una testimonianza del passato.


Fig. 5 - La targa all’ingresso della scuola
Tra i reperti di carattere geologico, si distinguono due plastici geologici realizzati dal maestro Amedeo Aureli, che, assieme a Domenico Locchi, fu artefice agli inizi del XX secolo di queste opere straordinarie, a metà tra scienza ed arte. I due esemplari, custoditi in altrettante teche nel vestibolo della Presidenza, rappresentano due aree vulcaniche, rispettivamente il Vesuvio (1909) e i Campi Flegrei.


Fig. 6 - La visione della geologia tridimensionale
all’inizio del ‘900: il plastico geologico del Vesuvio.
Altro cimelio degno di nota è sicuramente la “Carta geologica degli antichi ghiacciai dell’Alta Italia nel periodo degli anfiteatri morenici” dell’Abate Antonio Stoppani (tratta da “Geologia d'Italia” - Volume II , 1881).


Fig. 7 - La Carta di Stoppani
Nelle bellissime teche sono poi conservati campioni mineralogici e reperti paleontologici con scatole e cartellini originali. Tra i resti fossili figurano numerosi invertebrati marini, tra cui trilobiti, ammoniti, bivalvi, brachiopodi e crinoidi, provenienti sia dal territorio italiano che da collezioni straniere. Sono testimonianze dell’epoca storica in cui, nel contesto del neonato Regno d’Italia, le discipline geologiche e i geoscienziati godevano, come è noto, di elevata considerazione e rilievo sociale nel Paese: il nuovo Stato Unitario stava infatti fondando sulla conoscenza del territorio nazionale il suo sviluppo, con l’obiettivo primario di reperire e sfruttare le risorse del sottosuolo.


Fig. 8 - Le teche paleontologiche
E’ perciò significativo che, anche nelle scuole di indirizzo umanistico, lo studio delle scienze naturali fosse tenuto in alta considerazione. Nell’opuscolo illustrativo del 1910 il preside Orlandi descrive, tra i fiori all’occhiello del Tasso, anche il Gabinetto di Storia Naturale, corredato da strumenti didattici per la zoologia, l’anatomia, la mineralogia, la botanica e la geologia.


Fig. 9 - Il Gabinetto di Scienze nel 1910
Il corpo docente del neonato Liceo Tasso poteva contare su figure di alta caratura scientifica, molti dei quali autori di pubblicazioni specialistiche o liberi docenti, che transitarono poi nei ruoli accademici. Tra gli insegnanti di Scienze Naturali tra la fine del’Ottocento e i primi del Novecento si succedettero Alfonso Martone, Giovanni Angelini, Lamberto Moschen, Giovanni Angelini e Giovanni Moschen (Staderini, 2001, nel volume curato da Filippo Mazzonis). 
E’ probabilmente grazie alla loro opera, e di chi ne ha raccolto il testimone nei decenni successivi, che la collezione museale si è andata nel tempo strutturando, per esser oggi disponibile per la generazione dei millennials. L’augurio è che essi possano apprezzare queste testimonianze di mondi passati.


Ringraziamenti
A condurci nel breve ma affascinante viaggio nel passato attraverso i corridoi e i laboratori dell’Istituto è stato, la mattina del 25 Marzo 2014, alla vigilia dell’inaugurazione del nuovo Museo, Raffaele Acitelli, storico tecnico del Liceo. L’idea di scriverne un piccolo resoconto, subito condivisa, ha necessitato qualche tempo di sedimentazione per concretizzarsi, come avviene per tutti i processi geologici.
Alla gioia della visita si sono aggiunti, per Raffaele e per il più anziano dei tre coautori di questa breve nota, il piacere e il sollievo reciproco di essersi immediatamente riconosciuti, negli stessi luoghi, a trent’anni di distanza. Rinvenuti perciò altri due reperti in accettabile stato di conservazione…


Fig. 10 - Reperti paleontologici nel loro ambiente di formazione


Per saperne di più:
• http://www.liceotasso.it/
• AA.VV. [2001] Un liceo per la Capitale. Storia del liceo Tasso (1887-2000), a cura di Filippo Mazzonis, Viella editore, Roma, 310 pp.
• AA.VV. [2013] Confronti per il Tasso, a cura di Bruno Conte, Album del Tasso N. 2, Editori Laterza, Bari, 31 pp.
• ISPRA [2012] “I plastici storici del Servizio Geologico d’Italia” (a cura di Myriam D’Andrea)



domenica 15 gennaio 2017

1873: Giuseppe Ponzi e “La scienza del popolo”

di Marco Pantaloni

Risalendo agli anni Settanta del 1800, si assiste alla comparsa di alcuni eventi editoriali che rappresentano un importante momento di svolta nella diffusione della cultura.
Il primo veicolo di questo evento è rappresentato dai romanzi d’appendice, da quelli storici e, più in generale, dalla narrativa popolare. Queste pubblicazioni rappresentano quelli che oggi vengono chiamati best-seller. É interessante notare che le vendite di allora erano, talvolta, superiori a quelle attuali, se rapportate alla popolazione e al grado di istruzione.
Questo interessante fenomeno si verifica negli Stati Uniti (basti ricordare il libro Uncle Tom’s Cabin, del 1852, che vendette 300.000 copie in un anno) ma anche in tutto il continente europeo; in questo caso l’esempio chiave è rappresentato dall’Assommoir di Emile Zola, del 1877.

"Lassommoir2" di Ignoto - L'Assommoir (Paris: Charpentier) 1877.
(Con licenza Pubblico dominio tramite Wikimedia Commons)

L’Italia non è immune da questo fenomeno e da noi, oltre alla letteratura “tradizionale”, si assiste anche alla grande diffusione di manualistica tecnico-scientifica sia mirata alla diffusione della conoscenza che alla formazione professionale. Tipico esempio è costituito dai famosi “Manuali Hoepli”, pubblicati a partire dal 1875, dedicati agli innumerevoli campi della scienza e delle tecnologie applicate. Tra tutti questi manuali il più famoso, forse, è il Manuale dell’ingegnere, uno dei più importanti long-seller italiani, ancora oggi in commercio nella 83° edizione!
La nostra disciplina non è stata immune da questo fenomeno: nella serie Manuali Hoepli da ricordare quello dedicato alla “Paleontologia” del 1902 redatto da Paolo Vinassa De Regny.


La copertina del manuale Hoepli dedicato alla Paleontologia,
redatto nel 1902 da Paolo Vinassa De Regny.
Paolo Vinassa De Regny (1871-1957)

Proprio Milano, dove la Hoepli ha la propria sede, rappresenta il centro culturale più vivace della seconda metà dell’Ottocento.
Infatti l’editore Treves, sempre milanese, pubblica un’altra serie editoriale dedicata alla divulgazione scientifica dal titolo evocativo: La Scienza del Popolo.
Questa serie, insieme alla collana “Biblioteca utile”, aveva l’intenzione di diffondere la cultura e l’istruzione al popolo, seguendo i programmi del governo italiano. Purtroppo, però, questi manuali divulgativi non trovarono il supporto degli scienziati, piuttosto restii a collaborare.
La serie “La Scienza del Popolo”, piuttosto economica, raccoglieva i testi delle conferenze scientifiche pubbliche, molto in voga nel periodo.
Ad esempio, nel 1874 pubblicò il discorso tenuto dall'abate Antonio Stoppani a Bassano del Grappa per il centenario della nascita di Giovanni Battista Brocchi.

Tra le mani ci è passato uno di questi meravigliosi, semplici volumetti di meno di 30 pagine, intitolato: “Sugli esseri che precedettero l’uomo nelle epoche geologiche”. Il sottotitolo riporta: “Lettura del Prof. G. Ponzi, pubblicato a Milano nel 1873 dalla Fratelli Treves, Editori della Biblioteca utile”. Il fascicolo, il 32° della serie, era in vendita per 25 centesimi di Lira a volume, equivalenti a circa 1 euro attuale.




L’esordio del discorso di Ponzi è commovente, nella sua profondità e nel suo tono austero:
Signori,il sentimento della Natura è innato nell'uomo. Il selvaggio, sia d’indole più mite, sia di feroci tendenze, la prima volta che alzò gli occhi al cielo, al cospetto di quell'immenso spettacolo ne restò commosso, e senza comprenderlo venerò nelle stelle esseri a lui superiori e offrì loro donativi per renderle amiche e benevole.Continua l’incipit del suo discorso stimolando la curiosità dell’uditorio all'osservazione dei fenomeni naturali, alle eruzioni vulcaniche, alle convulsioni terrestri, alle inondazioni, alla conoscenza dei primi abitatori della Terra e alle loro primitive abitudini.Convinto di farvi cosa gradita, o Signori, io feci soggetto della mia odierna lettura un argomento di questo genere “Gli animali che precedettero l’uomo nelle epoche geologiche”.Prima di entrare nel merito della conferenza, tuttavia, ritiene utile parlare del nostro pianeta, per via degli“stretti legami fra esso e i suoi abitatori.
Analizza gli aspetti termici, la perdita del primordiale “calorico”:
E’ oramai cosa provata dalla ragione e dai calcoli dei più insigni geometri, e dopo di essi nessuno osa più mettere in dubbio che la Terra in origine fu un corpo fuso per la quantità di calorico in essa contenuto. [...] Ora se questo globo che noi abitiamo fu così caldo in origine, e se oggi non è più, voi ben vedete che, la Terra altro non è che un corpo raffreddato, ossia un corpo il quale ha perduto una parte di quel calorico, che in principio la tenne in fusione.[...]E’ massima di fisica che colla sottrazione del calorico tutti i corpi si addensano, si contraggono e passano dallo stato gassoso al liquido, e da questo al solido. Se la legge è generale, tutti i corpi della natura devono sperimentarla: laonde ben si comprende che la Terra dovette battere la via della solidificazione, farsi sempre più densa e restringersi specialmente nella sua atmosfera fino a suscitare le chimiche affinità fra gli elementi costitutivi. Così sotto una enorme pressione l’idrogeno poté combinarsi coll'ossigeno, e l’acqua risultante cadendo sulla superficie del copro planetario lo rivestì tutto intiero di uno strato liquido o di un oceano senza confini. Fu allora che l’atmosfera divenne la sede dei vapori sotto forma di nubi trasportate dai venti, e fu allora che le prime pioggie caddero sulla superficie del gran mare.Ma il raffreddamento avanzava, e la massa planetaria perdendo per gradi la propria luce, si venne lentamente offuscando fino a divenire opaca, a causa di un primo incrostamento di materie solidificate nello stesso fondo marino. Formato questo primo strato e rivestito il corpo del pianeta di un primo incrostamento, l’acqua restata esterna, diede principio immediato alle sue deposizioni di roccie stratificate, sotto il peso di una enorme atmosfera, e sotto l’influsso di una temperatura ancora bastantemente elevata.

Bellissimo è l’uso degli avverbi e delle congiunzioni, arcaiche e a volte incomprensibili ad una lettura odierna: laonde, eziandio, avvegnacché, ....


Per saperne di più:



martedì 10 gennaio 2017

Il sasso di Preguda

di Marco Pantaloni
Il sasso di Preguda
(immagine tratta da RivistaNatura.com)

E’ passato del tempo da quando ci occupammo degli erratici, ancora preservati o ormai completamente distrutti o obliterati, presenti in molte zone del territorio italiano.
Oggi vi proponiamo il Sasso di Preguda, che si trova in provincia di Lecco, nel comune di Valmadrera, ai piedi del versante del Moregallo.

Si tratta di un enorme blocco di granito ghiandone proveniente dalla Val Masino, alto circa 7 metri e dalla forma piramidale.

A fianco al masso erratico è stata costruita una chiesa dedicata a San Isidoro. Il masso è classificato “monumento naturale regionale” dalla Regione Lombardia con DGR 38951 del 22 maggio 1984.


La chiesa di San Isidoro, addossata al sasso di Preguda
(foto tratta da www.eccolecco.it)


Antonio Stoppani, l’abate geologo padre della geologia italiana dedicò al sasso di Preguda un breve poemetto:
[...] Sulle acute rocceadagia appena appena il grave fianco,siccome lasso pellegrin che dorma,assiso allato a polverosa via,pronto nuovo cammino, appena il sonnogli avrà rifatta la perduta lena;o com'aquila audace che un istanteraccolga il volo sull'aereo poggio,bramosa di lanciarsi ove si anneraper soverchi seren, l'aere sottile,
coll'immota pupilla incontro al sole.
Stoppani, evidente affezionato al sasso di Preguda, usò la sua immagine nel risvolto di copertina del suo volume di poesie dal titolo “Asteroidi” del 1879.



Stoppani è anche il nome di un asteroide, il “55854 Stoppani”, scoperto nel 1996 e dedicato alla famiglia del famoso geologo: Antonio, Edoardo e Eugenio.


Per saperne di più:




martedì 3 gennaio 2017

duemiladiciassette

La Sezione di Storia delle Geoscienze augura a tutti un felice 2017.
Abbiamo realizzato un calendario da parete per ricordarvi che ....

Anche un viaggio di mille miglia inizia con un piccolo passo...




La sezione raffigurata nel calendario allegato è tratta dal manoscritto del lavoro "Studii sulla flora fossile e geologia stratigrafica del Senigalliese" di A. Massalongo e G. Scarabelli Gommi Flaminj, pubblicato nel 1859.
L'originale è conservato presso l'archivio cartografico storico del

Servizio Geologico d'Italia della Biblioteca ISPRA.