giovedì 22 marzo 2018

La ricerca mineraria italiana in A.O.I. 1937-1941

Questo post è la sintesi di un libro
dal titolo "L'Africa di mio padre"
che l'Autore ci ha gentilmente concesso di pubblicare.

di Aurelio Fadda

- Terza parte -

Il Geologo Alfredo Pollini

Alfredo Pollini fu un valente geologo che nacque a Milano nel 1916 e conseguì la laurea discutendo a Milano, il 29 ottobre 1938, una tesi sui giacimenti auriferi nella zona di Tullu Kapi (in lingua Galla: “montagna umida”), sita nell’ovest etiopico, dal titolo: "La geologia della regione di Tullu Kapi, ovest etiopico - Uollega. Appunti, schizzi, stratigrafie, schizzo geologico dell'Uollega, articoli di quotidiani”.
Alfredo aveva potuto realizzare la tesi in Etiopia facendo lo “studente lavoratore”; infatti, assunto alle dipendenze della S.A.P.I.E., la tesi di laurea fu realizzata con la documentazione e le carte ricavate dalle sue esplorazioni sul campo (Carta 2 -Schema geologico Tullu Kapi).


carta 2

In quei territori, negli anni 1937-1940, compi attività di esplorazione mineraria in una area che va dalla confluenza del fiume Didessa col Nilo Azzurro, sino alla regione della foresta tropicale di Ghimirà e della savana del lago Chiarini, confinanti con il Sudan lungo il fiume Akobo (Foto 9 e 10).


foto 9
foto 10

Nell’ ultimo periodo di esplorazioni, interrotto nel giugno 1940, a causa delle vicende belliche, Alfredo Pollini “Capo Colonna” e mio padre Angelo Fadda “Sotto Capo Colonna” (foto 11), con gli altri colleghi della 16a colonna di esplorazione geomineraria, lavorarono nelle aree del Uollega e del Beni Sciangul alla ricerca di nuove mineralizzazioni soprattutto aurifere, platinifere e cuprifere (Foto 12 e 12b).

foto 11

foto 12
foto 12b

Grazie ad alcuni Ordini di servizio della S.A.P.I.E. (n° 233 e 280, indirizzati al Capo Colonna Alfredo Pollini) e salvati da mio Padre assieme a parte dei suoi negativi, si evince che la 16a Colonna, a differenza delle altre, aveva una certa autonomia e dipendeva direttamente dall’Ispettore Generale (Comm. Ing. André Claude.). 
Questa Colonna aveva ordini per effettuare ricerche geominerarie partendo dal riconoscimento degli affioramenti e dal loro campionamento. I campioni di terreno e roccia prelevati, dovevano essere imballati con cura e recapitati al laboratorio di Jubdo. Veniva richiesto di realizzare dei piani di dettaglio a piccola scala delle varie aree, ogni qualvolta se ne sentisse la necessità ed in particolare, la ricerca doveva essere indirizzata sulle aree non coperte dai basalti (i quali dovevano essere delimitati), in quanto risultavano promettenti per l’oro. Alla colonna venivano date in esplorazione aree quasi completamente sconosciute, sotto l’aspetto geologico e minerario, dove si dovevano effettuare prospezioni alluviali ed eluviali. Gli ordini di servizio del 1938 e 1939 ci indicano che, il compito della 16° Colonna era di esplorare queste aree sconosciute, fin tanto che le prospezioni sulle “grandi piane” non avessero fornito una buona conoscenza dei territori. 
Per tutte le esigenze logistiche, ci si avvaleva dell’Agente delle società S.A.P.I.E. e Prasso a Gambela, Sig. Anastasiades, al quale andavano trasmessi i rapporti bimensili, i campioni, le domande di fondi e di rifornimenti alimentari che venivano poi da quest’ultimo inviate al centro, mentre per il reclutamento del personale indigeno, la sicurezza ed i rifornimenti, si indicava di mantenere un buon collegamento con il commissario di Gambela. 
Fra i compiti della Colonna vi era pure l’acquisto dell’oro presso le popolazioni locali ed in particolare, sul fiume Baro e sul Bu Bonga, dove gli uomini di un certo “Sceicco Aduraman” (Abdul Rahman?) di Bonga, località a 1750 m. s.l.m., ne facevano una piccola produzione. L’oro doveva essere “ben pulito” e si doveva acquistare in pepite e polvere al prezzo di 2.50 $ il grammo. Il lavoro svolto dalla 16a Colonna era apprezzato dai superiori, come testimoniano diversi passaggi presenti negli ordini di servizio, come questo a firma dell’Ing. André Claude: 

Ordine di Servizio n° 280 - Concessione Principe Borghese
Colonna n° 16 – Istruzioni

<<” I rapporti del Dott. Pollini e del Sig. Fadda dal 15/4 al 15/5 e i disegni annessi testimoniano un lavoro attivo e coscienzioso. Le collezioni di campioni scelte con discernimento e cura hanno subito un primo esame al laboratorio e delle lame saranno ricavate su gneiss basici e le varietà di pegmatiti. La transazione fra i gneiss fondamentali e i gneiss metamorfosati e le intrusioni basiche hanno potuto essere facilmente seguite grazie alle esatte indicazioni del Dott. Pollini…>>

Nella foto n.13, possiamo individuare, oltre ad Alfredo Pollini e Angelo Fadda, il “Grasmac” (grado militare etiopico che indica il comandante dell’ala sinistra) della Regia Residenza di Burè, tale Agos Berhè e Chebbedè (l’interprete della colonna originario di Addis Abeba), con armati Amhara del Grasmac, guerrieri Masongo e portatori Sudanesi.

foto 13

I territori esplorati erano molto vasti e si organizzavano delle missioni a partire da località base con percorsi tesi ad individuare quelle caratteristiche geo-giacimentologiche che dessero indizi o conferme della presenza di minerali preziosi. Dal gennaio 1939 le esplorazioni vennero fatte assieme a mio padre Angelo. 
Abbiamo notizie di una prima missione che ebbe come base la località di Nora, sita a circa 21 chilometri da Gondar, a Nord Est del lago Tana dove vennero studiate le alluvioni aurifere del fiume Siri e dei suoi affluenti. 
Una seconda missione fece base a Bonga, cittadina sita più a Sud Ovest e distante oltre 600 chilometri dalla prima; Bonga è ubicata in una area molto più boscosa caratterizzata da piantagioni di caffè e thè. 
In questa località, oltre all’oro alluvionale ed eluviale, venivano ricercate anche mineralizzazioni di rame. 
Un terzo campo ebbe base a Gori, una località posta tra Neggio e Mendi. 
Purtroppo gli Ordini di Servizio recuperati, sono ormai spesso poco leggibili e inoltre, come ricorda mio padre in una lettera indirizzata all’amico Alfredo Pollini, egli tagliò dalle pagine delle “fogline” di spazi bianchi per confezionare, con dentro qualcosa da bruciare, delle sigarette “nei giorni nerissimi della disfatta”. 
Questi documenti molto deteriorati, riportano nomi di località, paesi e corsi d’acqua indicanti gli itinerari da seguire, talvolta scritti in modo impreciso o attualmente quasi illeggibile e dunque oggi non facilmente individuabili. Si citano con chiarezza alcuni centri abitati ubicati presso i grandi laghi come: Mojo sito a circa 50 chilometri a Sud Est di Addis Abeba; Chitti sito a 180 chilometri a Sud Est di Gambela e altri sparsi in un territorio vastissimo. È certo che diverse altre missioni esplorative furono svolte nel biennio 1938-1940, coprendo un vasto territorio pressoché inesplorato ed interrotte solo allo scoppio della seconda guerra mondiale. Queste aree, soprattutto la zona di Gambela e del fiume Baro, erano piuttosto malsane a causa della malaria e della (febbre) ricorrente. Dal carteggio fra Desio e la società si apprende la preoccupazione del padre di Alfredo Pollini per il suo impiego in aree così insalubri (Foto 14).

foto 14 - Gambela - battelli a ruota sul fiume Baro

Leo Pollini intervenne (tramite Desio), per chiederne il trasferimento non appena possibile, ma la società rispose che la cosa era necessaria perché i giacimenti più promettenti si trovavano spesso proprio nelle zone insalubri. Nel caso di Alfredo Pollini e dunque di mio padre, la società spiegò confermando i dati già in mio possesso, che essi avevano sostituito la 6a colonna del Sig. Apikian, proprio a causa della preparazione specifica di Alfredo (geologo) ed efficienza della sua colonna in seguito a importanti segnalazioni di presenza aurifera nella zona. 
Allo scoppio della II guerra mondiale Alfredo Pollini venne richiamato in data 10 giugno 1940; fu ufficiale di battaglione arabo-somalo e combatté lungo il fiume Giuba. 
Dal libro di Walter Pierelli: “Le mie tre guerre in Africa Orientale – Contro gli Inglesi”, si apprendono alcune notizie su Alfredo. I due si erano conosciuti in prigionia e Pierelli ne parla dicendo che era un geologo di Milano, in africa per fare ricerche geologiche, che alla dichiarazione di guerra contro la Francia venne arruolato ed inviato a fare il corso per allievi ufficiali di complemento ad Addis Abeba. Ultimato il corso fu nominato sottotenente dei bersaglieri e durante l’attacco degli inglesi contro la Somalia si trovava ad Afmadù nel capoluogo dell’Oltre-Giuba. Grazie ad una lettera del padre Leo, indirizzata alla S.A.P.I.E, apprendiamo che Alfredo era ufficiale del 75° Battaglione Coloniale (sul fronte del Giuba).
Con Pierelli, dopo la cattura, era stato assegnato allo stesso campo POW ed in seguito Pierelli, Pollini, ed alcuni sui colleghi della S.A.P.I.E.: il geologo Alberto Parodi, i Periti Minerari Mario Maschio, Pasquale Zugno e altri, vengono trasferiti da Naivasha, presso l’omonimo lago, ad Eldoret campo 356.
In una lettera di Alberto Parodi alla società (Doc. n. 3), scritta dalla prigionia, egli annuncia la morte di un altro collega il Perito Minerario Puliga (Sottotenente sardo, morto di malattia in prigionia il 4 novembre del 1941).


documento 3

Rientrato in patria, Alfredo dal 1949 al 1960 si dedicò alla attività didattica e scientifica come Aiuto Professore e Direttore incaricato dell’Istituto di Geologia dell’Università di Milano, che resse durante la spedizione al K2 del Professor Ardito Desio. 
Insegnò geografia generale, geomorfologia, geologia generale ed applicata, curando i lavori di tesi di alcune centinaia di allievi. 
Negli anni 1954 e 1956 partecipò alle prime esplorazioni nel mar tirreno del batiscafo “Trieste” di Auguste Picard, giungendo col Dott. Jacques Picard fino alla profondità di 3700 m. a sud ovest dell’isola di Ponza. In una sua lettera del maggio 1979, mi raccontò che nel 1960, a metà anno accademico, allontanandosi dall’insegnamento universitario per “dissapori” col suo diretto superiore, chiuse la sua ultima lezione dicendo agli allievi di geologia: “siate uomini prima che geologi”! 
Si dedicò dunque alla libera professione (Era iscritto all’Albo dell’Ordine Nazionale dei Geologi col n. 916) e fu autore di diverse pubblicazioni scientifiche in campo glaciologico e stratigrafico; interessante fu la pubblicazione dal titolo: “Il Trieste del Prof. August Piccard e la ricerca geologica sottomarina”.
Alfredo, consulente del Tribunale, era capace di sostenere anche forti attacchi nell’interesse della collettività, come nel caso della realizzazione della SS 36, che collega Lecco a Colico, dove diceva nel 1977: “Silenzio sui pericoli, da pazzi aprirla al traffico”, attirandosi contro le ire dei diversi interessati. 
Egli sosteneva le sue perizie a testa alta, forte di avere la ragione, perfino quando divenne concreto il pericolo di essere accusato di “diffusione di notizie false e tendenziose”, rispose ai suoi detrattori dicendo: …”sarebbe troppo lungo elencare ed illustrare i fenomeni ed i pericoli che in molti tratti e punti verranno incontrati dalla nuova SS 36 ma, mi riserbo di far ciò in altra sede ed in altro momento anche a costo di sopportare bassi tentativi di denigrazione, che sono già stati fatti da parte ben interessata e che il silenzio permanga sui gravi pericoli cui la nuova SS36 esporrà la collettività; ritengo sia mio preciso dovere di tecnico, di studioso e di perito del Tribunale, non desistere dal dare l’allarme su quanto potrebbe accadere e che Dio non voglia accada!”
Fu consigliere regionale del WWF Lombardia dal 1979. Alfredo visse a Milano in Via Filippino degli Organi n° 9 e successivamente ad Olgiate; nel 1999 fu ricoverato nella casa di riposo Carlo ed Elisa Frigerio e morì a Brivio (Lecco) il 21 aprile del 2008 all’età di 92 anni.

La imponente documentazione da lui lasciata è stata riordinata e catalogata ed è attualmente custodita nell’archivio della Comunità Montana della Valchiavenna (SO).

- continua (3/4)



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