venerdì 27 giugno 2014

Carlo Bergomi: geologo e ricercatore del Servizio Geologico d’Italia

di Anna Rosa Scalise


In questa breve nota si vuole (ma soprattutto si deve) ricordare ai colleghi geologi e non, e a tutta la comunità scientifica, la figura di Carlo Bergomi, ricercatore del Servizio Geologico d’Italia, scomparso tragicamente in montagna il 14 dicembre 1977, durante una campagna di rilevamento per la Carta Geologica d’Italia, nei pressi di Letino (CE). Si vuole pertanto richiamare alla memoria un evento drammatico e unico nella storia ultrasecolare (oltre 140 anni) del Servizio Geologico d’Italia. Carlo Bergomi si era recato sul Monte Matese solo per pochi giorni, per raccogliere ulteriori dati che servivano per completare il quadro sedimentologico e paleogeografico della zona.

Manfredo Manfredini, allora ricercatore più anziano del Servizio geologico, ricorda: “prima di partire mi aveva brevemente illustrato con entusiasmo le sue ricerche, […] dovevamo incontrarci il giorno dopo con i colleghi del Servizio Geologico e dell’Istituto di Geologia dell’Università di Roma, per discutere sulle sezioni geologiche dell’Italia centrale in preparazione per il Modello strutturale del Progetto Finalizzato Geodinamica del C.N.R.”.
Le campagne di rilevamento geologico si svolgevano, allora, con una macchina di servizio munita di autista che accompagnava il ricercatore fino ad una località prefissata dalla quale egli procedeva a piedi per un percorso in montagna fino a raggiungere un altro luogo, dove era previsto in serata l’appuntamento con l’autista. Manfredini continua: “ricorderò sempre l’angoscia di quelle ore tra il primo allarme per il mancato appuntamento con l’autista Luciano Dioguardi la sera del 14 dicembre e il ritrovamento del corpo verso mezzogiorno del giorno successivo e la speranza assurda coltivata sino alla fine, che circostanze difficilmente immaginabili avessero permesso la sopravvivenza di Carlo; sembrava infatti impossibile che la sua vitalità e la sua intelligenza fossero state improvvisamente annullate da banali circostanze fortuite” . Una caduta nella forra del Fiume Lete lasciò senza vita questo giovane che si era fortemente impegnato nella ricerca, e che fu tra i più validi geologi del Servizio Geologico.


Vittorio Manganelli allora geologo del Servizio Geologico in una sua nota dedicata a Bergomi scrive: “posso dire, fiero e consapevole, di essere stato uno dei suoi pochissimi veri amici, di aver visto crescere in lui il geologo appassionato, il vero ricercatore, per il quale il lavoro è gioia, la presenza di problemi irrisolti è stimolo e la loro soluzione il traguardo irrinunciabile”.

Carlo Bergomi nasce a Reggio Emilia nel 1935, frequenta il liceo scientifico Spallanzani e dopo la laurea in Scienze Geologiche conseguita presso l’Università di Bologna nel 1958 si dedica per due anni all’insegnamento nelle scuole di Reggio Emilia e provincia. Nel 1960 dopo aver sostenuto un concorso, inizia l’attività di geologo presso il Servizio Geologico d’Italia.

Durante la sua troppo breve carriera Carlo Bergomi ha avuto modo di spaziare in vari settori della ricerca geologica che gli hanno permesso di cimentarsi nello studio delle vulcaniti e dei depositi sedimentari del Pleistocene laziale-campano, delle torbiditi alto-mioceniche del Lazio, delle successioni meso-cenozoiche batiali di facies umbra e molisana e di quelle mesozoiche di altofondo subsidente di facies abruzzese.

La dote primaria di Bergomi che emerge dalla sua stessa produzione scientifica, era la ricerca accurata, precisa e puntigliosa di tutti gli elementi che è possibile raccogliere, durante il rilevamento di campagna, con l’attento e ripetuto esame degli affioramenti e con l’analisi continua di ogni minima variazione di una data formazione geologica, sia in direzione verticale, sia specialmente in orizzontale.

“Questo metodo di lavoro,” - descrive Manfredini– “particolarmente ricco di risultati per le formazioni sedimentarie, ma utilizzabile anche per quelle vulcaniche, rivaluta, come mi faceva notare lo stesso Bergomi, il lavoro del geologo rilevatore, al quale fornisce quella ampia, diffusa e continua documentazione che permette di ipotizzare un modello teorico concettuale valido dell’evoluzione paleogeografica e quindi tettonica di una data zona, modello che in un secondo tempo potrà essere affinato e, solo in alcuni casi, modificato dai risultati delle analisi di laboratorio”
La prima pubblicazione di Bergomi risalente all’inizio della sua attività di rilevatore è la segnalazione nelle argille siltose del Calabriano della Fossa Bradanica di un gasteropodo, Circulus hennei Glibert 1952, non ancora ritrovato in orizzonti così recenti.

(tratta da Natural History Museum Rotterdam
Seguono lunghi anni di rilevamento nei fogli geologici di Macerata, Cerignola, Melfi, Gravina di Puglia, durante i quali si affinano le sue doti di geologo.
Insieme a Vittorio Manganelli nel 1966 porta a termine il rilevamento del complesso vulcanico di Roccamonfina, e nel 1969 le Note illustrative del foglio Gaeta nelle quali era stato deciso di inserire la descrizione di tutto l’apparato vulcanico. Tali Note – descrive manfredini - “….. pur nella loro stringatezza, costituiscono la prima completa e precisa ricostruzione dell’evoluzione di questo apparato”. Nel rilevamento del foglio Benevento, Bergomi affronta per la prima volta i problemi della successione carbonatica di altofondo in una zona di margine geologicamente complessa con metodologie sedimentologiche ancora in fase di evoluzione e con tempi ristretti. “Malgrado tutto,” - continua la narrazione di Manfredini - la successione carbonatica è stata accuratamente esaminata in tutte le sue caratteristiche sedimentologiche, biostratigrafiche e paleoambientali, ponendo in evidenza le variazioni fra le diverse zone e ipotizzando su queste basi un nuovo concreto e documentato modello sedimentologico, paleogeografico e tettonico, che si avvicina all’ipotesi di un’evoluzione strutturale dell’Appennino dovuta in gran parte a deformazioni sinsedimentarie e che risulta profondamente diverso dalle interpretazioni tettoniche precedenti”.

“E’ a partire dalla elaborata compressione delle strutture limitate ma complesse del Monte Taburno e del Monte Camposauro che Bergomi si appassionò alla serie carbonatica” - così continua Manganelli – “… il suo coerente atteggiamento critico di fronte a problemi che potevano sembrare essere risolti, lo spinse ad approfondire questo argomento” […] “la caratteristica costante del suo lavoro era la massima obiettività, il non accontentarsi mai della spiegazione superficiale, la massima prudenza nell'interpretazione. Gli era gradita la critica costruttiva ed accettava consigli e suggerimenti, convinto che il dialogo aperto arricchisce la conoscenza e migliora i risultati”. In questo modo Bergomi continua il suo lavoro nell’area del foglio Anagni e poi, soprattutto, per la profonda conoscenza acquisita della successione carbonatica della piattaforma laziale-abruzzese, nella diretta responsabilità scientifica e di coordinamento delle attività del foglio Subiaco, nelle attività di rilevamento geologico nell'area del foglio Avezzano e nella collaborazione al rilevamento del foglio Fabriano.
Questa sua vasta ed approfondita conoscenza della geologia dell’Appennino gli consente di assumere la responsabilità di una ricerca sul Miocene laziale con il CNR e di collaborare agli studi sul programma del Modello Strutturale del Progetto Finalizzato “Geodinamica”.

Stralcio del Foglio geologico 376 Subiaco
della Carta geologica d'Italia alla scala 1:50.000
(Servizio geologico d'Italia - ISPRA)
“All’ultima pubblicazione di Bergomi, scritta insieme a Vittorio Damiani è legato il ricordo della mia ultima escursione con Carlo - continua Manfredini - …… una serena giornata autunnale con l’appassionata illustrazione da parte di Bergomi e Damiani dei vari affioramenti della trasgressione miocenica in un vasto settore del Lazio meridionale e con lunghe stimolanti discussioni”.

“Tanti, troppi, sono gli episodi che mi tornano alla mente quando ricordo Carlo” – continua Manganelli - “tutti hanno in comune la sua gentilezza d’animo e la sua grande generosità ……”.

Nicola Zattini, geologo rilevatore di quegli anni racconta: “sin dai primi mesi di quel 1960, la nostra conoscenza divenne in breve tempo amicizia vera e profonda” - e continua - “.. ricordando Carlo Bergomi mi viene subito in mente la sua spontaneità, la sua solarità, la sua onestà sia di pensiero che di giudizio. Ricordare Carlo in modo positivo non è dovuto al fatto di essere un amico ma perché era veramente una bella persona, ogni suo atto lo sottolinea”.

Il 4 dicembre 1987, a dieci anni dalla sua scomparsa, in ricordo di Carlo Bergomi si è tenuto a Roma un dibattito su quelle stesse tematiche che tanto lo avevano appassionato durante la sua breve ma intensa vita scientifica. Le comunicazioni presentate nella Giornata di Studio, quale contributo ad un ulteriore approfondimento delle conoscenze geologiche sull’Appennino centro-meridionale, sono state raccolte e pubblicate da Vittorio Manganelli e Mario Valletta in un volume delle Memorie Descrittive della Carta Geologica d’Italia.
Una piccola targa fu affissa dai colleghi e dagli amici del Servizio sulla parete calcarea all'inizio dello strapiombo nel luogo della tragedia.

La morte di Carlo Bergomi ha evidenziato le carenze della struttura e le condizioni di disagio e di difficoltà in cui hanno vissuto ed hanno operato negli anni i geologi di Stato. Una struttura che non ha risarcito in nessun modo la famiglia del ricercatore che ha sacrificato la sua giovinezza e ha pagato con la vita la sua passione per il lavoro di rilevatore troppo spesso trascurato, faticoso e a volte pericoloso.
Noi vogliamo rendere viva alla memoria di tutti la figura di Carlo Bergomi, sperando che il suo sacrificio non sia stato vano e che nel nostro futuro ci sia scritto che lo sviluppo delle conoscenze geologiche possa essere incrementato e possano essere intrapresi ulteriori investimenti a sostegno delle attività per la Cartografia geologica di base, un supporto su cui costruire uno sviluppo sostenibile nell'interesse di tutti i cittadini.


Per saperne di più

manfredini m. (1978)- Carlo Bergomi. Boll. Soc. Geol.vol 97: 417-421.
manganelli v.(1977)- Carlo Bergomi (1935-1977). Boll.Serv.Geol. d’It., vol.98: 192-195.
manganelli v. & Valletta m. (1990) Atti delle Giornate di Studio in memoria di Carlo Bergomi 4-6 dicembre 1987. Mem. Descr. Carta Geol. d’It., vol.XXXVIII

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