giovedì 2 maggio 2024

Le due storie di una cartolina dipinta dall'artista e cartografo Alfonso Di Pasquale

 di Elisa Tortonesi

1. INTRODUZIONE

Nei primi decenni del XX secolo la cartolina illustrata gode di fiorente popolarità, non solo nella forma stampata, ma anche come immagine disegnata o dipinta a mano su cartoncino da disegno, tagliato su misura e venduto nei negozi di materiale per artisti.

Nell’autunno del 2021 ho acquistato una cartolina ad acquerello per la mia collezione, colpita dalla delicata immagine di una cappella dipinta nei toni del grigio. Risalente a oltre 100 anni fa, mai avrei immaginato di poter ricostruire la storia della cartolina; anzi, le storie, perché le vicende “narrate” sono in realtà due: quelle di due ragazzi quasi coetanei, provenienti da due Paesi diversi che parlavano due lingue differenti. Il destino li ha fatti avvicinare solo per un momento, durante il periodo forse più intenso e difficile della loro vita, quando entrambi, giovanissimi soldati, dovettero combattere sui due fronti opposti durante la Prima Guerra Mondiale. Qui, le loro esistenze si sono sfiorate per un attimo, probabilmente senza che i due ragazzi se ne siano neppure resi conto: due vite completamente estranee l’una all’altra ma, allo stesso tempo, unite per sempre sulle due facciate opposte della stessa cartolina.

2. IL FRONTE DELLA CARTOLINA

Il soggetto dipinto sul fronte della cartolina è una piccola cappella immersa nella natura con una dedica in scrittura rotonda ed ordinata: “Al Rev. P. Vicario Generale M.° Ferriello – dedico in segno di gratitudine, uno schizzo fatto sull’Alpago – um.e A. Di. Pasquale”. Sono annotati anche luogo e data: “Belluno 1917”.





Una prima breve ricerca in internet rivela come probabile autore del disegno e della dedica Alfonso di Pasquale, un pittore nato ad Andria nel 1899. La conferma che si tratti proprio di questo artista viene fornita da un articolo sulla sua vita e carriera di cartografo scritto da Alessio Argentieri (Argentieri, 2021). L’articolo racconta, tra le altre cose, che Alfonso Di Pasquale aveva ricevuto in regalo la sua prima tavolozza da Padre Ferriello, un frate Agostiniano che ne aveva notato la precoce predisposizione artistica. Alfonso aveva dedicato la cartolina dipinta sull’Alpago proprio a Padre Mariano Ferriello.

L’Alpago è una conca circondata dalle Prealpi bellunesi nella valle del fiume Piave, al confine con il Friuli-Venezia Giulia, dove si è combattuta una parte tragica e importante della Prima Guerra Mondiale. Ancora oggi esistono in quella zona diverse cappelle votive che hanno una struttura piuttosto simile a quella del disegno e che sono spesso dedicate a San Floriano o a Sant’Antonio. La cappella del disegno si trovava su un’altura, sotto i rami di un albero, con un muro di sassi e una scaletta di pietra per raggiungerla. Purtroppo, dopo più di 100 anni, non è stato possibile stabilire la posizione esatta della cappella raffigurata nel disegno e se esista ancora.

Nell’articolo di Alessio Argentieri (Argentieri, 2021) e nel libro curato da Vincenzo Masi (Masi, 2013) si può leggere la dettagliata biografia di Alfonso Di Pasquale che, quale “ragazzo del ‘99”, nel 1917 era stato mandato al fronte a combattere proprio sull’Alpago (in particolare sul monte Visentin) e, durante uno degli spostamenti, aveva perduto la sua tavolozza con colori e disegni (Masi, 2013). La cartolina protagonista di questo articolo faceva parte probabilmente dei disegni smarriti in quell’occasione. Quasi certamente non è mai stata recapitata al padre Agostiniano cui era stata dedicata.

3. IL RETRO DELLA CARTOLINA

Tengo a precisare che le informazioni trovate, relative alla storia del retro della cartolina, sono state riportate fedelmente in questo articolo, sostituendo però tutti i nomi delle persone coinvolte nelle vicende per salvaguardarne il diritto alla privacy.

In contrasto con la grafia ordinata, precisa ed esperta della dedica in italiano che accompagna il disegno sul fronte della cartolina, il retro è scritto con matita copiativa, con mano insicura e in grafia contorta e sottile. La cartolina è indirizzata a Margaretha Müller, residente in una strada di Graz. Il testo sbiadito del messaggio, scritto originariamente in tedesco e tradotto qui di seguito in italiano, è il seguente: “3 gennaio 1918 - Cara Mamma, affettuosi saluti. Se scrivete che Ludwig o Mamma è malato (o malata), allora vengo anche in licenza. V. Müller”. Un testo semplice e diretto, scritto probabilmente da un soldato che cerca disperatamente una possibilità per lasciare il fronte almeno per la breve pausa di una licenza straordinaria. Non c’è traccia di francobollo, né tantomeno del timbro postale “Feldpost”, usato in periodo bellico in sostituzione dell’affrancatura ordinaria per la posta indirizzata da e verso il fronte.

Viene da chiedersi chi fosse “V. Müller”, se sia sopravvissuto alla Guerra e tornato a casa, a Graz, dalla madre cui aveva indirizzato quelle poche parole, scritte al freddo di gennaio, forse dal buio di una trincea. I risultati della ricerca effettuata, partendo dai soli dati scritti sulla cartolina, sono stati insperati e sorprendenti.

Per la ricerca storica riguardante persone nate e vissute in Austria più di 100 anni fa esistono informazioni in archivi accessibili ufficialmente online e a disposizione di tutti. La prima ricerca è stata fatta nelle liste dei Caduti austriaci della Prima Guerra Mondiale. Non trovando alcun riscontro, si è potuto dedurre che il soldato “V. Müller” fosse tornato a casa vivo alla fine della Guerra.

La seconda ricerca ha riguardato la sua tomba: chiamato alle armi nel 1918, doveva avere all’epoca almeno 20 anni, quindi era estremamente improbabile che fosse ancora in vita al giorno d’oggi. Grazie a una ricerca nei siti in internet che raccolgono e pubblicano foto e dati delle tombe di cimiteri internazionali, è risultata esistere una possibile tomba proprio a Graz: il nome che poteva corrispondere all’iniziale “V.” era Viktor, e il defunto era nato nel 1898 e deceduto nel 1947.

Tramite gli archivi consultabili ufficialmente online che preservano in formato digitale le schede individuali dei Registri della Popolazione di Graz del passato è stato possibile ricostruire che la madre del Viktor nato nel 1898, la cui tomba si trova a Graz, si chiamava proprio Margaretha e che nel 1918 era residente all’indirizzo che il figlio aveva scritto sul retro della cartolina.

Ottenute queste prime informazioni, è stato possibile individuare anche le schede degli altri familiari e, utilizzando i Registri Parrocchiali della città e la stampa quotidiana del tempo, è stato ricostruito a grandi linee il destino difficile e spesso sfortunato di Viktor e della sua famiglia.

Viktor Müller era nato a Graz nel 1898, primogenito di Wolfgang e di Margaretha Müller, entrambi di professione “serventi”, che si erano sposati tre anni prima in quella stessa città. Alla nascita di Viktor era seguita nel 1901 quella del fratello Ludwig, citato nel messaggio sul retro della cartolina, e poi quella della sorellina Magdalena, nel 1904. Ultima nata per la famiglia Müller era stata Susanne, nel 1911, che purtroppo era morta solo due giorni dopo la sua nascita. La morte di Susanne sembra rappresentare anche l’inizio di una serie di tragedie che colpiscono la famiglia Müller negli anni successivi.

Solo tre anni dopo, infatti, nel 1914, muore a causa di un “difetto cardiaco” il padre di Viktor, di soli 47 anni. Sua moglie Margaretha rimane vedova a 45 anni con i tre figli che hanno rispettivamente 16 (Viktor), 13 (Ludwig) e 11 (Magdalena) anni. Nel corso degli anni precedenti, la famiglia si era trasferita più volte in diversi appartamenti nello stesso quartiere della città, ma alla morte del padre abita già all’indirizzo scritto sulla cartolina.

Scoppia la Prima Guerra mondiale e Viktor, che compie 19 anni nel 1917, deve andare al fronte a combattere. È solo un ragazzo (proprio come Alfonso, che quando viene chiamato al fronte ha solo 18 anni) e nel breve messaggio indirizzato alla madre, si legge tra le righe la sua urgente necessità di lasciare quel luogo di disperazione e di paura e di ritornare a casa in licenza. Infatti, “suggerisce” alla madre e al fratello di scrivere che uno dei due è malato, per ottenere un permesso straordinario per tornare a casa. Questa frase, che probabilmente sarebbe stata un po’ “scomoda” se letta dalla persona sbagliata o da uno dei suoi superiori, forse è il motivo per il quale la cartolina non viene spedita come tale. Forse Viktor riesce a mandarla alla madre in una busta, forse era sua intenzione consegnargliela di persona successivamente. O forse la cartolina non è mai neppure arrivata all’indirizzo di Graz…

Viktor riesce a sopravvivere alla Guerra e a tornare a casa. Si sposa pochi anni dopo, nel 1921. Anche sua moglie si chiama Margaretha e assume lo stesso cognome del marito, come si è soliti fare in Austria e in Germania. Nel 1925 nascerà il loro primo ed unico figlio, Karl.

Nel 1922 la famiglia viene colpita dalla tragedia successiva. Il fratello Ludwig, che ha solo 20 anni, fa l’aiuto barbiere e abita ancora con la madre, muore per un difetto cardiaco, proprio come era successo a suo padre.

Nel 1947 si trova la pubblicazione sulla stampa locale dell’annuncio della morte dello stesso Viktor. Tra i dettagli riguardanti il funerale, si legge che Viktor Müller, impiegato statale, è deceduto all'età di 49 anni dopo un tragico incidente. Il triste annuncio viene fatto dalla moglie, anche a nome del figlio, a quel tempo prigioniero di guerra in Russia. Tra i parenti che lo piangono non viene nominata la madre. Forse era recentemente deceduta, dato che dagli “Addressenbücher” di Graz (predecessori dei più moderni elenchi telefonici) relativi agli anni 1938 e 1943-44 risulta che la madre di Viktor abitasse durante la Seconda Guerra Mondiale ancora allo stesso indirizzo e che quindi fosse ancora viva.

Sulle pagine di cronaca locale di Graz si trova la descrizione dello sfortunato, tragico incidente che aveva provocato la morte di Viktor. Lungo una delle strade del centro di Graz un truffatore veniva scortato da un poliziotto verso il carcere di polizia, quando il criminale si era improvvisamente liberato, aveva dato uno schiaffo in faccia all’agente ed era scappato. Il poliziotto l’aveva subito inseguito, gridando al fuggitivo di fermarsi, mentre questo si allontanava correndo. L’agente aveva sparato un colpo dalla distanza di circa 150 metri alle gambe del malvivente, il quale si era gettato a terra per cercare riparo, e il poliziotto era finalmente riuscito a raggiungerlo e ad arrestarlo. Sfortunatamente, il colpo che il poliziotto aveva sparato contro il criminale in fuga, aveva malauguratamente colpito un passante completamente estraneo al fatto. Si trattava proprio di Viktor, che era seduto su una panchina e che era stato colpito all’addome dal proiettile vagante. Portato all'ospedale dai soccorritori, era morto poco dopo. Viktor aveva partecipato alla Prima Guerra Mondiale, riuscendo a tornare a casa vivo, per venire poi colpito a morte da una pallottola vagante quasi trent’anni dopo, in periodo di pace, mentre era seduto tranquillo su una panchina della sua città.

4. PARALLELI

Saltano agli occhi tanti paralleli tra la vita di Alfonso e quella di Viktor. Quasi coetanei, in quanto nati a poco più di un anno di distanza, entrambi erano figli primogeniti ed entrambi avevano un fratello più giovane di pochi anni. Entrambi avevano perso il padre da ragazzini e questo fatto aveva avuto gravi ripercussioni sulla situazione economica delle loro famiglie. Sia Viktor che Alfonso erano dovuti andare in guerra giovanissimi: sulle stesse montagne, anche se su fronti opposti, avevano contemporaneamente sopportato freddo e paura e visto in faccia la morte. Indipendentemente l’uno dall’altro, ognuno di loro aveva riempito una delle due facciate opposte della stessa cartolina: ciascuno a suo modo, ma sempre guidati da devozione e affetto per una persona, rispettivamente, Padre Ferriello nel caso di Alfonso, e la propria mamma nel caso di Viktor. Entrambi erano sopravvissuti alla Guerra. Sia Alfonso che Viktor si erano successivamente sposati ed entrambi avevano avuto un solo figlio maschio.

La cartolina, arrivata miracolosamente fino ai giorni nostri, è un simbolo delle vite di quei due ragazzi, rimasti per sempre giovani sulle due facciate dello stesso pezzo di cartoncino da disegno. Sono riusciti entrambi a tornare a casa vivi dal fronte, a rivedere le loro mamme, i loro familiari, i loro amici. E a vivere la loro vita, lunga o corta che sia stata.

BIBLIOGRAFIA

Argentieri A. (2021) – L’artista della cartografia geologica: Alfonso Di Pasquale, pittore e disegnatore. In “Giornate di geologia e storia” (S. Nisio, ed.), Memorie Descrittive della Carta geologica d’Italia, 108: 163-172.

Masi V. (2013) – Alfonso Di Pasquale pittore, la vita e le opere. Banca di Credito Cooperativo di Lavello, 85 pp.

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