domenica 19 febbraio 2023

Geologi in Africa orientale Italiana (2a parte)

 di Elio Fadda

Georges Korableff: nato nel 1902 in Russia; diceva di essere figlio di un ammiraglio zarista, ed era di Stavropol. Laureatosi in Geologia, aveva combattuto con i Russi Bianchi e rifugiatosi in Francia, venne ivi naturalizzato. Risiedeva in Rue Jean de Beauvois 23, a Parigi.

George Korableff era membro della Société Géologique de France.

Sappiamo che nel 1933 lavorava in una fabbrica di stagno ad Annecy in Francia, ma in seguito la sua vita lavorativa si svolse in diversi paesi africani come Cameroun, Gabon, Etiopia, Mali, Senegal e Gambia. Fu direttore di miniere e geologo, autore di diverse pubblicazioni, sia in Etiopia che in altre regioni africane:

1. Le Gisement de platine de Jubdo en Abyssinie. Ass. des Mines, luglio 1939.

2. Contribution à l’étude de la géologie et de la géologie appliquée de l’Oubangui-Chari oriental et du Cameroun sous mandats français. Published by Paris, 1 gennaio 1940.

3. Autore della Carta geologica: Cameroun, Oubangui Chari/Georges Korableff - Saint Etienne: [s.n.]- 3 p. carta geologica ripiegata; 27 cm. (Estratto da: Chroniques des mines coloniales, 1937).

4. Rapport sur la tournée de contrôle de quelques exploitations de rutile dans les régions Nyong et Sanaga-Maritime. KORABLEFF 1942, Archives DMG/MINMEE-YAOUNDE.

5. Une Coupe Géologique Schematique de Mayoum, a N’Dende Gabon - Bullettin du Museum 2e seriè T. XVIII n° 5, 1946.

Il Perito Minerario Osvaldo Strappa dice di lui: per aspetto e corporatura sembrava un siciliano (scuro di pelle e nero di capelli) ed appariva colto, intelligente e capace, ma non ispirava fiducia.

Assunto alla S.A.P.I.E. fra i primi, nel 1937 fu a capo della colonna n° 3.

Ne parla a lungo l’Ing. Candussi, suo collega in S.A.P.I.E., confermando che era un “russo bianco”; una persona molto patriottica, ex ufficiale del Genio Navale nella marina Russa.

L’Ing. Andrè Claude (Direttore Generale S.A.P.I.E.) in un suo rapporto alla società mineraria, manifestò preoccupazione per lo stato di salute psico-fisica di questo tecnico a causa, pare, di seri problemi familiari. Poco dopo, nel giugno del 1939, Korableff chiese il rimpatrio per “motivi personali”.

Lo ritroviamo nel dopoguerra (1946), nuovamente in Africa, e più precisamente in Gambia, dove lavorava in una società che dragava le alluvioni aurifere del fiume Falemè.

Ce ne parla un geologo francese, Michel Defossez, che lavorò per anni in quelle regioni e lo incontrò raccontando nei suoi scritti: “Korableff era un russo bianco, vecchio geologo pratico del terreno”.

In quel periodo (1951), era stato incaricato di vendere gli impianti e macchinari della società Falemè Gambiè, che a causa degli ormai elevati costi di produzione, era stata messa in liquidazione.

Confermando alcune “note caratteristiche” avute da Candussi, Defossez ci informa del fatto che: “come tutti i russi, aveva una debolezza per il cognac”. George Korableff morì nel 1957.


Pietro Lodovico Prever: era nato l’11 agosto 1877 a Villanova Solaro, in provincia di Cuneo, era l’ultimo di cinque figli di una famiglia agiata di origine contadina.

Il prof. Pietro Lodovico Prever

Diplomato all’ Istituto Tecnico, si iscrisse alla Facoltà di Geologia di Torino, dove fu allievo del Prof. Carlo Fabrizio Parona, famoso geologo e paleontologo italiano (Melegnano 1855 - Busto Arsizio 1939).

Già dai primi del ‘900 era attivo nell’ambito torinese, con una ventina di pubblicazioni tutte in ambito paleontologico (coralli, nummuliti, ecc.). Fu vincitore del Premio Molon della Società Geologica Italiana (del quale andava fiero!), con un poderoso lavoro dal titolo: Nummuliti ed orbitoidi di alcune località italiane.

Stralcio del Bollettino della Società Geologica Italiana con l'assegnazione
del Premio Molon a Pietro Ludovico Prever

Nel 1927 il Prof. Prever accettò un incarico di insegnamento ad Alessandria d’Egitto, dove si trasferì con tutta la famiglia. Alcune immagini lo ritraggono alle rovine di Canopo, presso Abukir e al Mex in Egitto.

Pietro Lodovico Prever con alcuni studenti

Pietro Lodovico Prever ad Aboukir (Egitto)

Tornati in Italia si stabilirono a Pisa, dove con il denaro messo da parte acquistarono un terreno a Porta Lucca. Fu professore a Torino all’Istituto Geologico dove era entrato come assistente nel 1918/19 (come si evince dal Bollettino Ufficiale del Ministero della Pubblica Istruzione del Regno d’Italia).

Nel 1936-38 partecipò con l’AGIP (Azienda Generale Italiana Petroli), alla Missione geologica nella Dancalia Meridionale e sugli altipiani Hararini.

Assunto in S.A.P.I.E. venne posto a capo della colonna n° 9 e successivamente della n° 1 in sostituzione di Mario Candussi. Nella colonna n° 9, formata il 12 aprile del 1938 con Ordine di Servizio n° 85, ebbe come vice il Perito Minerario Remo Fusina, che vi rimase sino all’agosto dello stesso anno. Nella colonna n°1, ebbe invece come aiuto, il Perito Minerario Pasquale Zugno.

Prever, che andò in Etiopia all’età di 61 anni (1938), ebbe delle disavventure in servizio e pare vi furono delle incertezze sulla sua sorte; non molto tempo dopo rientrò in Italia.

Da una lettera del marzo 1940 di Osvaldo Strappa al Prof. Desio apprendiamo che: «La venuta di Mica ha causato numerosi licenziamenti, compreso quello di Prever».

Il Prof. Prever rientrato in Patria, prima dell’entrata dell’Italia nella II Guerra Mondiale, visse nella sua casa di Pisa in Toscana. 

L’omonimo nipote, Pietro Lodovico, avvocato a Milano, mi fa sapere che:

Verso la fine della guerra, nonno Pietro, la moglie Ottavia, lo zio Carlo e la zia Rosina, furono costretti a sfollare sui Monti Pisani e quando ritornarono, trovarono la loro casa devastata dall’esercito americano che l’aveva occupata per stabilirvi gli uffici di non so quale comando. 

Non si sono mai più davvero ripresi da quello sfacelo.

Ed ancora il nipote racconta: Nonno Pietro aveva un’intelligenza eccezionale ed una memoria ancora superiore; mi ha insegnato che il geologo si fa a piedi, con la testa rivolta verso il basso, per osservare la terra e quando raccontava di una zona oggetto delle sue ricerche, ti conduceva per mano passo dopo passo, invitandoti a prender nota di un gradino, di un fossato, di un declivio, del colore dei quali ti spiegava con parole chiarissime, origine e cause geologiche.

Purtroppo non sono rimaste sue immagini del periodo trascorso in Etiopia, probabilmente andate perse durante la guerra.

Pietro ancora riferisce: Ho un ricordo vago dei racconti, delle storie affascinanti con le quali mi intratteneva, raccontando delle spedizioni da lui guidate per ricerche minerarie in Africa. Ma ricordo invece benissimo quel viso dai tratti scolpiti nella pietra, illuminati da due occhi azzurri che emettevano una luce di fiducia, intelligenza, e amore. Posso solamente riferire che l’ultima spedizione fu interrotta dallo scoppio della guerra, proprio nel momento in cui riteneva di essere in prossimità di un’area mineraria geologicamente interessante.

Il Professor Pietro Lodovico Prever risulta deceduto a Pisa in data 15 dicembre 1970 alla bella età di 93 anni.

Bibliografia:

Aurelio Fadda (2022) - La ricerca mineraria italiana nel Sud Ovest etiopico. Coop. Tipografica N. Canelles, Iglesias, 371 pp.


giovedì 16 febbraio 2023

Geologi in Africa Orientale Italiana (1a parte)

di Elio Fadda

Bruno H. Gejer: di nazionalità tedesca, nato nel 1902, Gejer era laureato in geologia e sposato con due figli. Portò la famiglia con sé in Etiopia ad Ondonok, sede della Società Mineraria Italo-Tedesca (S.M.I.T.) della quale fu il Direttore, giungendo dal Sudan via Khartum.

Bruno H. Gejer

Bruno H. Gejer con la famiglia e con, al centro, Ardito Desio

Aveva con sé personale tedesco ed italiano; questi ultimi giunsero da Jubdo (come il Geometra Fornasier, goriziano, un tale Bicchieri, tuttofare che era stato in Kenya e parlava inglese, ed alcuni geometri e amministrativi). Fra i tecnici fu con lui l’Ing. Paolo Tradardi, ed il geometra sardo Giuseppe Puliga.

L'ing. Paolo Tradardi (a sinistra) durante una battuta di caccia


La sua conduzione della miniera di Ondonok venne criticata dall’Ing. Luigi Usoni
, il quale in una relazione tecnica ispettiva ne contestò le scelte tecniche ed amministrative.

L'ing. Luigi Usoni

La relazione fu inviata al Ministero e creò grande imbarazzo nei vertici S.M.I.T.

La stessa organizzazione, ebbe invece l’apprezzamento del Prof. Desio, almeno per ciò che riguarda il villaggio di Campo Coraggio. Bruno Gejer fu autore di diverse pubblicazioni e già all’epoca, era autore di lavori scientifici, tra i quali: Gold und Platinworkommen in der Abessinischen Provinz Wollega - Berlino 18 ottobre 1935, citato nella tesi di laurea di Alfredo Pollini.

Con la famiglia, riuscì a lasciare le aree minerarie poco prima dell’entrata in guerra dell’Italia ad a rientrare in patria.

Nel periodo successivo alla II guerra Mondiale, Bruno Gejer andò a lavorare in Namibia nelle miniere di Tsumeb (Otavi Highlands), come Capo del servizio Geologico e Mineralogico, dove gli venne attribuita la scoperta della “Brunogejerite” (Fe2GeO4), un germanato di ferro estremamente raro conosciuto solo a Tsumeb. Bruno H. Gejer morì nel 1987.

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La società S.A.P.I.E., dopo la riorganizzazione successiva alla conclusione della guerra d'occupazione Italiana dell'Abissinia, assunse tutto il personale che riusciva a trovare e poiché non era cosa facile, data la scarsità di tecnici con esperienza ma anche grazie alla presenza come Direttore Generale del francese Ing. André Claude, fu possibile assumere dei tecnici di nazionalità francese e tedesca da lui conosciuti.

 J. Henrique Jacquet: era francese nato nel 1897. Aveva il titolo di Ingenieur-Geologue ed era stato un Tenente di Artiglieria. Venne assunto alla S.A.P.I.E. fra i primi, assieme agli altri francesi voluti dall’Ing. Claude, nel 1937.

Si tratta di tre geologi stranieri con esperienza nella ricerca mineraria in Africa e del noto geologo italiano Prof. Pietro Lodovico Prever. 

Il Perito Minerario Osvaldo Strappa lo descrive come uomo di media statura, scuro di pelle e di capelli, sulla quarantina, e riferisce che: portava gli occhiali neri ed aveva una strana aria da iettatore. Sia Jacquet che gli altri francesi avevano avuto esperienze di varie prospezioni nell’Africa Francese e conoscevano il mestiere. Jacquet fu messo a capo della colonna n° 2 ed il suo vice fu in una prima fase il Perito Min. Remo Fusina, poi Pasquale Zugno.

Il Perito minerario Osvaldo Strappa

Il Perito minerario Remo Fusina

Il Perito minerario Pasquale Zugno

Jacquet era l’assistente del Direttore Generale Andrè Claude ed in pratica, il n° 2 della S.A.P.I.E.

Fu a capo del Settore B (zona di Kata-Neggio). La scoperta da lui fatta circa la presenza di importanti mineralizzazioni aurifere sul fiume Alaltù a Neggio, si rivelò con le analisi chimiche successive un fallimento; i tenori risultarono in media dieci volte più bassi.

Anche l’Ing. Claude non ci fece una bella figura perché la “scoperta” era stata addirittura pubblicata!

L'ing. Andrè Claude

Ci parla di lui, come abbiamo visto precedentemente, il Capo colonna Aristide Tabasso (agente del S.I.M.). Egli riferisce di essere entrato “in grande amicizia” con Jacquet (entrambi volevano avere informazioni), il quale si interessava più di armi e della disposizione ed entità delle forze militari italiane, che dell’attività mineraria. Secondo le indagini di Tabasso, i due francesi Jacquet e Claude erano entrambi agenti del “Deuxième Bureau”.

Tabasso nei suoi appunti riferisce che Jacquet, accreditando l’amicizia col Viceré, si recava spesso ad Addis Abeba, dove invece andava a fare i suoi rapporti alla legazione Francese, ma a sua insaputa, aveva alle costole sia i Carabinieri che il S.I.M.

Mario Candussi capo della Colonna n° 1 parla di Jacquet, dicendo: “è il più intelligente degli stranieri ed è il più pericoloso”.

L'Ing. Mario Candussi

Anche con Alfredo Pollini vi furono dei problemi perché gli rifiutò di esporre la bandiera tricolore, in dotazione alla colonna, definendola: “quel fazzoletto da naso”. Pollini si lamentò col Cav. Rodolfo Mica (Capo del personale della S.A.P.I.E.) dell’incidente e gli riferì le parole di Jacquet!

Il Dott. Alfredo Pollini

Il Brigadiere dei RR.CC. di Jubdo, venuto a conoscenza del fatto, voleva una denuncia da parte del Pollini per poter arrestare Jacquet ma, il Cav. Mica dissuase Pollini e mise le cose a tacere.

Tabasso riferisce che mentre la rete stava per calare sulla organizzazione, con un inspiegabile provvedimento, l’Ing. Jacquet venne espulso dall’Impero; di lui non si hanno più notizie.

Bibliografia:

Aurelio Fadda (2022) - La ricerca mineraria italiana nel Sud Ovest etiopico. Coop. Tipografica N. Canelles, Iglesias, 371 pp.