venerdì 26 maggio 2017

Sulle tracce di James Hutton: geologia e storia nella città di Edimburgo (terza e ultima parte, ovvero “Change is the only constant”)

di Alessio Argentieri, con un contributo di Simone Fabbi

Luoghi della memoria e memoria nei luoghi

 
Fig. 8a

Quarta stazione: Saint James Hill, Hutton’s Memorial Garden
Ora passiamo a vedere i luoghi della dimora terrena, di James Hutton che oggi non esistono più. Lungo la strada chiamata Pleasance, sul rilievo di St. John’s Hill, sorge oggi l'Edinburgh University Sports Centre. Accanto al parcheggio c’è un modesto giardinetto, a dire il vero abbastanza racchio, enfaticamente chiamato Hutton’s Memorial Garden, che però consente una bella vista sulle Salisbury Crags, di cui parleremo oltre. Nell'aiuola sono posizionati massi di scisti con vene intrusive provenienti da Glen Tilt e di conglomerati di Barbush, località studiate da Hutton.

Fig. 8b - Hutton Memorial Garden


Quinta stazione: Hutton Road & Our Dynamic Earth
L’affascinante percorso entra nel vivo discendendo dalla St. James Hill lungo la Holyrood Road, che conduce all'omonima residenza regale. Ecco in primo luogo la Hutton Road, una traversa intitolata al nostro eroe.
 
Fig. 9 - Hutton Road

Ma il vero omaggio della città a James lo si troverà al’interno dell’attrazione più moderna di quella che un tempo si definiva Auld Reekie (la Vecchia Città Sporca): è lo spazio espositivo dedicato al Pianeta Terra, Our Dynamic Earth. Il museo scientifico dall'elegante e innovativa architettura ben si inserisce, assieme all'adiacente Scottish Parliament Building, nella meravigliosa cornice naturale dominata dal vecchio apparato vulcanico carbonifero, l‘Arthur Seat, e dai Salisbury Crags. Non a caso in questo spazio fu edificato il Palace of HolyroodHouse, nato come monastero nel secolo XII e destinato dal XVI a ospitare teste coronate; religiosi e nobili- ça va sans dire- scelgono per sé sempre i posti migliori del Pianeta.
 
Fig. 10 - I rilievi delle Salisbury Crags fungono da quinte naturali
per le moderne tensostrutture di Our Dynamic Earth

A questo punto della narrazione, nel condividere con le lettrici e i lettori di GEOITALIANI le sensazioni del pellegrinaggio geologico a Edimburgo, è opportuno non rivelare troppi dettagli. Per non guastare l’emozione a ogni appassionato della storia delle discipline geologiche, diremo solo che la prima sala del percorso museale vale l’intero viaggio. L’augurio e l’invito è, prima o poi, a seguire le vecchie tracce che questa breve nota ha voluto rimarcare. Ed è giusto che, in quella sapientemente allestita sala dal sapore antico, sia lui, il protagonista assoluto, a illustrarvi come e dove sia scaturita la scintilla per la comprensione del nostro Pianeta dinamico, ricordandoci che il cambiamento è l’unica costante.
 
Fig. 11 - Comincia il percorso all’interno di Our Dynamic Earth

Sesta stazione: Salisbury Crags and Arthur’s Seat
 
Fig. 12 - Veduta delle Salisbury Crags

All'uscita dal museo è naturale avviarsi all'Holyrood Park e, dopo aver calpestato i verdissimi prati, avviarsi alla salita terrosa verso i Salisbury Crags, che portano sino alla Hutton’s Section, uno dei geositi più importanti del mondo. E’ qui che, osservando il filone ipoabissale (dolerite) che pervade le arenarie carbonifere, Hutton trovò le prove inconfutabili delle intrusioni magmatiche, tagliando la testa alle interminabili controversie tra Plutonisti e Nettunisti.
 
Fig. 13 - Il sentiero delle Salisbury Crags

Il percorso si snoda sull’imponente massiccio, costituito da dicchi e sills (filoni-strato), che culmina nella vetta dell’Arthur’s Seat (251 m s.l.m.), in una dicromia verde-marrone che risalta alla tersissima luce che il Sole discontinuamente concede alla regione dei Lothians.
E giunti alla meta, si potrà trovare appagamento nel ripetere, mentalmente o a voce alta, la più bella frase mai concepita riguardo al Pianeta Terra “We find no vestige of a beginning, no prospect of an end”, gustando il piacere e l’emozione di aver ripercorso, nel nostro piccolo, le tracce di James Hutton, fondatore della geologia moderna.

Fig. 14 - Veduta dell’Arthur’s Seat da Holyrood

Ultima stazione: the sidewalks of Edinburgh
Giunti alla fine dell’inebriante itinerario, ecco un ultimo, significativo particolare che conferma l’intrinseco rapporto tra Edimburgo e la sua geologia. Diceva Jack Pallini (un maestro delle nostre parti e della nostra epoca, più volte ricordato sulle pagine di GEOITALIANI) che un infallibile metodo diagnostico per conoscere le caratteristiche geologiche di una città è osservarne i bordi dei marciapiedi. Con piacere vi proponiamo perciò l’ultima immagine di questa galleria.

Fig. 15 - I marciapiedi di Edimburgo (foto di Simone Fabbi)

Epilogo
Il nostro pellegrinaggio si chiude così, col desiderio inappagato di un'ulteriore sosta sulla costa dei Lothians, a circa 35 miglia da Edimburgo, per vedere la celeberrima Unconformity di Siccar Point sul Mare del Nord. E anche con il rammarico postumo di esser inconsapevolmente passati- in una gita verso Dundee, nella regione dell’Angus- vicino al villaggio di Kynnordy, dove nasceva nell’Anno del Signore 1797 (lo stesso in cui James moriva a Edimburgo, che singolare coincidenza!) un bambino scozzese di nome Charles Lyell.
Chissà che prima o poi questa narrazione non possa avere un seguito…


Per saperne di più:
  • Edinburgh Geological Society (http://www.edinburghgeolsoc.org)
  • Susan Kieffer- blog (www.geologyinmotion.com)
  • Donald B. Mc Intyre & Alan McKirdy (1997) - James Hutton. The founder of modern geology. National Museums Scotland.
  • National Library of Scotland website (http://maps.nls.uk/)
  • James Repcheck (2004) - L’uomo che scoprì il tempo. James Hutton e l’età della Terra. Edizione italiana, Raffaello Cortina Editore.
  • John Whittow (1992) - Geology and scenery in Britain. Chapman & Hall.


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