domenica 7 luglio 2013

Sasso Remenno: il monolito più grande d’Europa

di Marco Pantaloni

Nel resoconto “Raetia”, pubblicato a Zurigo nel 1616 da Guler von Weineck, governatore della Valtellina per le Tre Leghe nel periodo 1587 – 1588, si trova testimonianza di uno dei monumenti naturali più celebri della Val Màsino, il Sasso Remenno.




Nel libro, infatti, si legge: “Poco oltre il villaggio di S. Martino, scendendo dalla valle, si incontra presso la piccola frazione Remenno un enorme e colossale macigno, lungo trentacinque braccia, largo dieci ed elevato quindici, che alcuni ritengono piuttosto un monte (prescindendo dal fatto che esso presenta da ogni parte una struttura quadrata) che non una pietra isolata: tanto più che non si può vedere donde esso possa essersi staccato ed arrivato sin laggiù”.
Nel 1864 venne pubblicata la guida “Central Alps” e l’autore, John Ball, descrive il Sasso Remenno in questi termini: “Sembra che a diversi intervalli enormi massi siano precipitati dalla parete della montagna del lato occidentale della valle. Alcuni dei più antichi sono ricoperti di muschio e la gente ha fatto in modo di far crescere piccoli appezzamenti di patate con terra che è stata portata su e sparsa sulla sommità di alcuni di questi blocchi”.

Il Sasso Remenno fa parte di un impressionante accumulo di blocchi denominato Preda di Remenno, che si raggiunge risalendo la Val Masino, percorrendo la Strada Provinciale Cataeggio – Filorera. Al km 11,5 si passa in una zona dominata da massi erratici, tra i quali il Sasso Remenno, il monolito più grande d’Europa. Due parcheggi consentono l’accesso alla zona, molto frequentata dai praticanti del bouldering e dell’arrampicata.
L’origine della Preda è, naturalmente, glaciale; dal ghiacciaio che copriva l’attuale Val di Mello emergevano solo le cime più alte della valle, il monte Disgrazia, i pizzi Torrone, Badile, Cèngalo, la punta Rasica, la cima di Castello, la cima di Zocca, i pizzi del Ferro. Le forme verticali, lisce, straordinariamente levigate delle numerosissime placche di granito sono dovute senza dubbio all'azione modellatrice del ghiacciaio. Dell'ultimo e definitivo ritiro dei ghiacci resta solo una esigua traccia alle quote più alte. Il ritiro del ghiacciaio determinò, in seguito, il crollo dei grandi blocchi di granito, così come li troviamo ora disposti casualmente nella Preda di Remenno.


Stralcio del foglio 7-18 Pizzo Bernina-Sondrio
della Carta geologica d'Italia in scala 1:100.000
(Servizio geologico d'Italia - ISPRA)

Il territorio è costituito da affioramenti di rocce intrusive: si tratta della granodiorite della Val Màsino denominata localmente “Ghiandone” (a facies porfirica con macrocristalli di feldspato potassico, affiorante nella parte settentrionale della valle) e della quarzodiorite del Monte Bassetta, denominata “Serizzo” (quarzodiorite a tessitura orientata con passaggio a granodioriti o dioriti).

L’area ricade nel foglio 7-18 Pizzo Bernina – Sondrio della Carta geologica d’Italia in scala 1:100.000 (sito ISPRA).

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