giovedì 1 agosto 2013

Un particolare fenomeno: la salsa delle Macalube

di Marco Pantaloni

A 15 km di distanza da Agrigento si trova la Riserva naturale integrale delle Macalube di Aragona; in questa località, costituita da terreni prevalentemente argillosi, si verificano eruzioni di acque salse e fangose, che formano dei caratteristici vulcanelli di fango. L’origine del termine deriva dall’arabo Maglùb ed è stato derivato, localmente, in Macalubi. La collina sede dei fenomeni dei vulcanelli di fango viene chiamata, localmente, “occhiu di Maccalubi”, a causa della sua forma circolare e il colore biancastro dovuto alla presenza di cristalli di calcite che affiorano assieme alla fanghiglia argillosa.
Già Platone, Aristotele, Diodoro Siculo e Plinio il Vecchio descrivono queste manifestazioni geologiche e riportano l’uso cosmetico e terapeutico che veniva fatto di questi fanghi; quindi, secondo le testimonianze di questi scrittori greci, latini e arabi, risulta che le macalube sono in attività da almeno 2500 anni. 
In tempi recenti Guy de Maupassant, nel suo “La Sicilia” del 1885, descrive l’area come affetta da “pustole di una terribile malattia della natura”.

Eccezionale per la terminologia usata nella descrizione del fenomeno è il breve filmato dell’Istituto Luce, tratto dal giornale Luce del 4 marzo 1936, girato in quello che viene chiamato Campo Salamone, dal titolo “Un particolare fenomeno: la salsa delle Macalube”.



L’area, costituita da un piccolo altipiano argilloso che domina il Vallone di Maccalube nel quale si riversano i rigagnoli fangosi che emergono in superficie formando una serie di calanchi, è caratterizzata dall’affioramento di terreni argilloso-sabbiosi con lenti di gesso e salgemma, di età tortoniana, come indicato sul Foglio geologico 267 Canicattì in scala 1:100.000, pubblicato dal Servizio geologico d’Italia nel 1885, rilevato da L. Baldacci (sito ISPRA).


Il fenomeno dei vulcanelli di fango, diffuso in altre aree della penisola italiana, viene spiegato con la presenza di sacche di gas, in genere metano, sovrastate da livelli di acqua salmastra che, risalendo in superficie attraverso discontinuità nel terreno, trascinano acqua e sedimenti argillosi creando in superficie una emissione di materiale fluido del tutto simile ad una eruzione vulcanica, tanto che il fenomeno viene definito vulcanismo sedimentario. Nella Riserva delle macalube di Aragona i coni di fango raggiungono altezze, generalmente, di circa 1 m.
La Riserva naturale integrale delle macalube di Aragona è accessibile dal centro abitato di Aragona, posto sulla S.S. 189 Palermo – Agrigento.
In Sicilia i vulcanelli di fango sono presenti anche in provincia di Caltanissetta, in località Terrapelata, in prossimità delle miniere di zolfo; in questo sito, tuttavia, la presenza del gas metano è dominante (fino al 95%) rispetto al contenuto in acqua e fango per cui il fenomeno si manifesta con forme esterne meno evidenti. Questa caratteristica, però, fa sì che nel sito di Terrapelata i fenomeni eruttivi possono avere notevoli intensità, con masse di acqua e fango che vengono scagliate violentemente a 30/40 metri di altezza, come avvenuto l’11 agosto 2008 (http://www.pa.ingv.it/caltanissetta/).

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