martedì 22 novembre 2016

“Rischio idrogeologico”: Alvaro Valdinucci e Walter Brugner

di Anna Rosa Scalise


Oggi si parla tanto di “rischio idrogeologico”, un termine improprio entrato nell'uso comune con il quale si intende definire i fenomeni e i danni reali o potenziali causati dalle acque in generale. Le manifestazioni più frequenti di tali fenomeni sono le frane, le alluvioni, le erosioni costiere, le subsidenze e le valanghe che rappresentano la naturale evoluzione geomorfologica del territorio italiano e di tutte le regioni interessate dall'orogenesi alpina.

Il “rischio idrogeologico” è fortemente condizionato anche dall'azione dell’uomo. La densità della popolazione, la progressiva urbanizzazione, l’abbandono dei terreni montani, l’abusivismo edilizio, il continuo disboscamento, l’uso di tecniche agricole poco rispettose dell’ambiente e la mancata manutenzione dei versanti e dei corsi d’acqua hanno sicuramente aggravato il dissesto e messo ulteriormente in evidenza la fragilità del territorio italiano e aumentato l’esposizione ai fenomeni e al rischio stesso. Un dissesto antropico quindi ben più grave del presunto “dissesto idrogeologico”, che il più delle volte non è il frutto della natura cieca e crudele come si intende a far credere ma il risultato di una politica impreparata e superficiale su un terreno rischioso e impegnativo.

A seguito di ogni evento disastroso si è sempre invocata la presenza del geologo sul territorio, ma quando però? Ad evento avvenuto.

La mancanza della figura del geologo era avvertita sin dai tempi dai tempi dell’Unità d’Italia quando Quintino Sella ministro dell’economia fece istituire il Servizio Geologico di Stato, allora i geologi erano ancora considerati una categoria di naturalisti fino al 1963 anno in cui, in seguito a grandi disastri tipo la frana del Vajont, fu varata la legge di istituzione della professione del geologo e successivamente nel 1968 quella dell’Ordine Professionale.

Nel 1973, quando i Geologi del Reparto di Geologia Applicata del Servizio Geologico d’Italia venivano chiamati ad intervenire nei vari settori geoapplicativi, il prof. A. Jacobacci, direttore del Sevizio Geologico d’Italia, nella relazione di attività annuale scriveva:
“Pur con la nota carenza di quadri che non ha consentito il totale espletamento degli incarichi richiesti da ogni parte d’Italia, il personale di questo reparto ha svolto un non indifferente numero di interventi nei settori geoapplicati. […] Sono stati effettuati 111 sopralluoghi per conto dei Ministeri della Difesa, dell’Interno (Direzione Generale della Protezione Civile), dei Lavori Pubblici, della Pubblica Istruzione (Direzione Generale delle Antichità e delle Belle Arti), dell’Agricoltura e delle Foreste riguardanti: bacini artificiali, idrologia sotterranea, strade, strade ferrate, ponti, viadotti, gallerie stradali e ferrovie, consolidamento abitati e difesa delle frane, idoneità dei suoli di fondazione, piani urbanistici, sistemazione idraulico-forestale, zone terremotate e disastrate in genere commissioni di studio consolidamento palazzo di giustizia, la frana al Lungotevere delle Vittorie”.
Nella relazione alla ricorrenza del centenario del Servizio Geologico (1973), A. Jacobacci riporta ancora che:
“Nel 1951 i geologi di ruolo sono solo dieci”
e nel 1952 l’allora Direttore Beneo, nella relazione dell’attività del Servizio Geologico, scriveva:
“i geologi rilevatori hanno effettuato il maggior numero di interventi di consulenza per lo studio dei movimenti franosi su richiesta degli uffici competenti del Ministero dei Lavori Pubblici. […] Nel 1954” - scrive ancora A. Jacobacci - “i geologi di ruolo erano ventiquattro unità con l’entrata di Walter Brugner e Alvaro Valdinucci e “[…] nel 1955 nella ristrutturazione interna dei settori di lavoro la sezione di Geologia Applicata svolgeva numerose ricerche idrogeologiche in varie parti di Italia. Sempre più numerosi erano gli interventi per le indagini sui movimenti franosi, anche perché questi risultavano essere sempre più preoccupanti man mano che l’interesse antropico si spostava verso aree in precedenza non utilizzate (espansione urbanistica, eccezionale sviluppo della rete stradale, acquedotti, ecc.)”.
Alvaro Valdinucci (a sinistra) e
Walter Brugner (a destra)
Solo nel 1973, a cento anni dalla nascita del Servizio Geologico d’Italia, i geologi in ruolo diventano trenta unità.
Alvaro Valdinucci e Walter Brugner hanno operato per oltre un ventennio presso il Servizio Geologico d’Italia, spaziando nei vari campi della geologia con maggiore interesse alle attività della geologia applicata. Oltre 1000 lavori a testimonianza di un’attività instancabile e appassionata che li ha accomunati e accompagnati in tutta la loro vita lavorativa”
è quello che descrivono in un articolo delle Memorie Descrittive della Carta Geologica d’Italia, R. M. Menotti geologo ricercatore del CNR e G. Ventura geologa del Servizio Geologico d’Italia, nel ricordare i due colleghi. E proseguono:
“[…] basta scorrere i titoli delle relazioni inedite oggi conservate presso l’archivio della letteratura grigia del Servizio Geologico d’Italia/ISPRA, per capire come l’attività dei geologi di Stato fosse propedeutica e assolutamente irrinunciabile ai fini della realizzazione di una qualsiasi opera pubblica. In quegli anni in cui non esisteva neanche la Protezione Civile e di cui forse non si sentiva la necessità, era presente un Servizio Geologico d’Italia che comunque garantiva, attraverso interventi capillari su tutto il territorio italiano, la fattibilità di tutta una serie di piccole o grandi opere la cui realizzazione dipendeva dai pareri tecnici rilasciati dai geologi di Stato”.
In questo contesto operavano Brugner e Valdinucci: tra i due era nato un sodalizio fraterno che durerà fino all’ultimo giorno di vita, sodalizio basato sulla comune ambizione di svolgere il proprio lavoro adottando corrette scelte sociali e al servizio della natura. La loro collaborazione all’interno del Servizio Geologico dura fino al 29 settembre del 1976, giorno in cui gravi motivi di salute costringono Walter Brugner al collocamento a riposo anticipato.
Si riporta ancora che:
“All’interno del Servizio Geologico d’Italia hanno promosso e realizzato agli inizi degli anni sessanta la sezione di Geologia Applicata, ne sono stati i pionieri, gli artefici e gli animatori, dedicando tutte le loro risorse agli studi geologico-tecnici in tutte le regioni d’Italia, sempre presenti con il loro apporto di conoscenza ed esperienza nei momenti più tragici che hanno colpito il territorio italiano dal terremoto del Belice, alle alluvioni nel Bellunese, alla Frana del Vajont, al terremoto del Friuli, alla frana di Ancona, alla frana di Orvieto, alla frana di Todi, alle colate di Nerano, ai crolli di Civita di Bagnoregio, al sisma dell’Irpinia, alla frana di Agrigento, ecc.”.
Alvaro Valdinucci (1922-1995)
Una presenza spesso decisiva, quella di A. Valdinucci, come nelle polemiche scoppiate all’indomani della Frana di Ancona del 1982, Egli era stato chiamato per effettuare un sopralluogo nelle stesse aree dove era già intervenuto nel 1970 a seguito di una richiesta dell’Ufficio del Genio Civile di Ancona ed aveva redatto una relazione tecnica su: “Ancona. Sui limiti da imporre allo sviluppo edilizio nel comprensorio denominato “Posatora” ove da tempo è in atto un movimento franoso di considerevoli dimensioni” che concludeva con il divieto di qualsiasi costruzione, su gran parte del versante settentrionale.
Nel 1982, quando la stessa frana si riattiva provocando disastri, il Valdinucci viene richiamato per l’ennesimo sopralluogo. Nessuno aveva tenuto conto dei suoi suggerimenti e a seguito del sopralluogo redige una seconda relazione dal titolo: “Sulla ripresa del movimento in corrispondenza e nota “Frana Barducci in comune di Ancona”.
“L’apporto di A.Valdinucci”- continua il Menotti - “è stato determinante per indirizzare le ricerche applicative e suggerire le soluzioni tecniche in situazioni politiche particolari che hanno portato in più di un’occasione allo scioglimento di Commissioni tecnico-scientifiche costituite ad hoc, come per la frana di Agrigento nel 1978, per il consolidamento di Orvieto e Todi nel 1984, per il consolidamento di Civita di Bagnoregio negli anni novanta. […] Gli studi tempestivi e puntuali di W.Brugner e A. Valdinucci hanno contribuito alla ricostruzione dei centri abitati e delle infrastrutture devastate dai terremoti, alluvioni e frane. Hanno sempre operato “con specchiata rettitudine ed esemplare onestà, concentrando la loro attività nel campo della geologia applicata. […] Essi hanno sempre presentato e difeso le oggettive conclusioni tecniche, frutto di sopralluoghi, studi e ricerche, dimostrando non solo onestà intellettuale ma anche carattere e volontà, doti che hanno portato talvolta i due geologi di stato ad essere più osteggiati che apprezzati“.
Le attività di studi e consulenza di W.Brugner e A. Valdinucci sono state svolte in un arco di circa trent’anni a seguito di richieste effettuate dai vari Enti pubblici di supporto tecnico-scientifico e alla partecipazione di numerose commissione tecniche istituite per le problematiche del Vajont, del Belice, di Agrigento, di Orvieto, di Todi, di Ancona e dell’Irpinia, i loro interventi sono stati incisivi nelle scelte e nelle risoluzioni. Gli studi hanno interessato consolidamenti di movimenti franosi in aree urbane, strade, ponti, sponde di corsi d’acqua, di crolli di cavità sotterranee artificiali e naturali, e, ancora sulle condizioni di stabilità dei versanti e sull’individuazione di nuove aree da adibire a centri abitativi in zone colpite dal terremoto.


Walter Brugner (1920-1994)
Gli interventi puntuali e le consulenze tecnico-scientifiche sono testimoniate dalle centinaia di relazioni presenti nell’archivio della “letteratura grigia”; gli studi e le ricerche svolti nell’ambito del rilevamento dei vari fogli geologici sono documentati da numerose pubblicazioni sul Bollettino del Servizio Geologico d’Italia.
La loro esperienza maturata dallo studio dei movimenti franosi e dei consolidamenti li ha portati ad elaborare uno schema di cartografia tematica relativa alla stabilità dei versanti che ha trovato un’applicazione in un’area campione alla scala 1:50.000 del “Bacino dell’Alpago”.
Il loro contributo è stato prezioso inoltre al rilevamento della Carta geologica d’Italia alla scala 1:100.000 dei fogli n.188 Gravina di Puglia, 144 Palombara Sabina,162 Campobasso, 167/168 Isola Rossa - La Maddalena.



Nel 1981, quando sono entrata a far parte del Servizio Geologico ho avuto il piacere di conoscere solo Alvaro Valdinucci. Egli era una persona pacata e seria, sempre sorridente e disponibile che infondeva un senso di serenità. Preso dal suo lavoro e sempre in giro da un sopralluogo ad un altro, non ho mai avuto la possibilità e la fortuna di lavorare con Lui e di apprendere della sua esperienza e del suo sapere. Menotti, che lo aveva conosciuto già dal 1977 nell'ambito del progetto di ricerca sui movimenti franosi e sugli studi e interventi di consolidamento che avevano interessato il Colle di Todi, lo descrive come: “un geologo competente ed entusiasta, un uomo integerrimo, insofferente alla subordinazione di capi non sempre illuminati”.

Sulla frana del Vajont, Valdinucci era intervenuto all'indomani del disastro contribuendo alla scelta dei siti per la ricostruzione dei centri abitati e, al trentesimo anniversario della strage, aveva preparato un documento con la collaborazione di Menotti nel quale si riporta con rigore la ricostruzione dell’accaduto. Tale documento dal titolo: “9 ottobre 1963 - che Iddio ce la mandi buona - La frana del Vajont - Memoria storica di una catastrofe prevedibile”, grazie alla perseveranza di Menotti, e al patrocinio del Consiglio Nazionale dei Geologi viene pubblicato solo nel 2013 al cinquantesimo anniversario. 
Gian Vito Graziano, allora presidente del Consiglio Nazionale dei Geologi, nella prefazione del volume scrive:
“al compianto Alvaro Valdinucci (morto nel 1995) va riconosciuto di aver saputo analizzare e descrivere i fatti, a trenta anni di distanza dall'evento, con la capacità dello storico che attinge alle fonti, dell'uomo di scienza che si avvale della conoscenza, ma anche con l'autorevolezza di funzionario integerrimo del Servizio Geologico di Stato”.
La Memoria è una cronistoria puntuale e completa del Bacino del Vajont, una ricostruzione degli avvenimenti e un’analisi di documenti tramite la quale viene riconosciuta la prevedibilità della grande frana e le pesanti responsabilità di tecnici, imprenditori e politici. La catastrofe, che provocò duemila vittime, poteva essere evitata con uno studio geologico serio e non condizionato utilizzando con una simulazione su modello idraulico opportunamente dimensionato.
La storia professionale di Walter Brugner e Alvaro Valdinucci sono l’esempio del lavoro di due geologi di stato che hanno operato nel passato con competenza e serietà in condizioni diverse da quelle attuali. Oggi i geologi di stato afferenti a vari Enti pubblici sono tanti: solo il Servizio Geologico d’Italia dell’ISPRA ne conta 89 unità; non è quindi una questione di carenza della figura del geologo, tranne che in qualche eccezione, se ancora oggi viviamo in un territorio poco controllato e rischioso.

La frequenza di episodi di “dissesto idrogeologico” che hanno spesso causato la perdita di vite umane e ingenti danni ai beni, impongono una politica di previsione e prevenzione non più incentrata sulla riparazione dei danni e sull’erogazione di provvidenze, ma sull’individuazione delle condizioni di pericolo e sull’adozione di interventi per la mitigazione dei rischi.

Con gli anni sono stati presi provvedimenti normativi che hanno imposto la perimetrazione delle aree a rischio, la sorveglianza di alcuni fenomeni, ma tutto questo non è bastato, manca ancora la preparazione di base e la volontà politica a una vera cultura nel rispetto del territorio e alla consapevolezza dei fenomeni naturali.

La scarsa conoscenza delle tematiche geologiche da parte dei cittadini, dei politici e delle Istituzioni, ne impone la divulgazione a una maggiore consapevolezza del ruolo strategico delle Scienze della Terra.
L’educazione ambientale rimane la grande sfida del nostro futuro pertanto tutte le iniziative atte alla sensibilizzazione dei cittadini ai rischi e nel rispetto del proprio territorio rappresentano quindi una finalità primaria per il futuro della società.


Per saperne di più

- BRUGNER W., VALDINUCCI A. (1972) - Schema di cartografia tematica realtiva alla stabilità dei terreni ed esempio della sua applicazione nel territorio dell’Alpago (Provincia di Belluno). Boll.del Serv.Geol. d’Italia Vol.93 pp.189-194 
- BRUGNER W., MENOTTI R.M., VALDINUCCI A.,VENTURA G. (2008) - Walter Brugner (1920-1994) e Alvaro Valdinucci (1918-1995): due geologi al servizio dello Stato. Mem. Descr. Carta Geol. d’It. LXXVII, pp.285-322.
- JACOBACCI A. (1973) - Relazione delle attività svolte dal servizio geologico nell’anno 1973 Boll.del Serv.Geol. d’Ital.Vol.XCIV pp.179-198.
- JACOBACCI A. (1973) - Il centenario del Servizio Geologico Boll.del Serv.Geol. d’Ital.Vol.XCIV pp.3-26.
- MENOTTI R.M., VALDINUCCI A. (1992) - Le frane del Montagnolo in Ancona. Previsione di una “catastrofe naturale” Geol.tecn. & Ambientale, a I, n.2, aprile-giugno, pp.5-30 Roma.
- VALDINUCCI A., MENOTTI R.M. (2013) - 9 OTTOBRE 1963 Che Iddio ce la mandi buona - LA FRANA DEL VAJONT, Memoria storica di una catastrofe prevedibile. ISBN 978-88-909473-9-1.


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