mercoledì 15 aprile 2015

Giovanni Arduino. Il geologo che "inventò" le ere

Figura 1 – Giovanni Arduino
(Biblioteca del Museo Correo, Venezia)
di Francesco Grossi


Geoitaliani si spinge lontano nel tempo, nel XVIII secolo, per “festeggiare” uno dei padri della geologia moderna, Giovanni Arduino (fig. 1), nato a Caprino Veronese il 16 ottobre 1714 e spentosi a Venezia il 21 marzo 1795, di cui nel 2014 ricorre il trecentenario della nascita.
Fu professore di chimica, metallurgia e mineralogia a Venezia e precursore in Italia dei metodi di indagine stratigrafica, nonché geologo a tutto tondo quasi un secolo prima del fondamentale volume di Charles Lyell “Principi di Geologia”, che riprendeva sistematizzandole in modo organico le teorie di Hutton ed è da molti considerato il testo fondatore della geologia moderna.
Un’epoca pionieristica, quella della prima metà del Settecento, per gli appassionati di Scienze della Terra nell’Italia non ancora unificata: in una lettera del 18 gennaio 1758 ad Antonio Vallisnieri figlio, Arduino parla de: “…la grande difficoltà che si ha, specialmente in questa nostra Italia, di far raccolte di Pietre, di Minerali e di Fossili, non solo delle Regioni a noi lontane, ma anche dei Paesi che ci sono vicini…” e in un'altra, del 3 aprile 1758 a Girolamo Festari, manifesta la sua passione per una disciplina che permetteva di studiare regioni anche lontane dalla patria veneta: “Ella continui con coraggio, e con perseveranza l’incominciato cammino, e faccia questo onore a se stessa, alla Patria [veneta] e all’Italia, di far conoscere non essere solo oltremonti e nel freddo Settentrione che il Regno Sotterraneo si osserva; che i Fossili si conoscono…”. 
Come accadde anche ai geologi che vissero nel secolo successivo, molti dei quali attivi fautori dell’unità d’Italia, anche Arduino intuì che le analogie tra le caratteristiche geologiche e stratigrafiche di porzioni di penisola italiana appartenenti a stati diversi permettevano di parlare già in nuce di un’Italia “unitaria”. In particolare, oltre alla sua naturale propensione per le escursioni geologiche, Arduino trovò diverse conferme grazie alla sua professione di geologo minerario e metallurgo, le cui committenze lo portarono ad operare in diverse località, soprattutto in Veneto e in Toscana.
Come tutti i grandi uomini di scienze (anche applicate) fu socio delle più prestigiose società dell’epoca: dalla Società Italiana (detta poi dei XL), all’Accademia dei Fisiocritici di Siena, dalle Accademie delle Scienze di Torino e di Mantova alla Società degli Amici Scrutatori della natura di Berlino, fino all’Accademia di agricoltura di Vicenza, di cui fu anche segretario. Mantenne estesa corrispondenza (fonte di preziose informazioni scientifiche) con eminenti scienziati italiani e stranieri, tra cui citiamo Déodat de Dolomieu, geologo francese da cui presero il nome il minerale dolomite e le omonime montagne italiane, e lo svedese Carl von Linné, più noto come Linneo, uno dei più grandi naturalisti della storia.

Gli inizi e la Pesciara di Bolca
Dopo aver compiuto i primi studi a Verona, si recò giovanissimo, grazie all’aiuto di un mecenate, nelle miniere di ferro di Chiusa (Bolzano) per apprendervi la metallurgia, la mineralogia e "tutto ciò che riguarda la scienza del regno fossile", come egli stesso dice in uno scritto autobiografico. Trasferitosi a Schio nel 1740, vi esercitò per otto anni la metallurgia, fornendo le sue consulenza per la conduzione di miniere nel Bergamasco e nel Modenese.
Arduino non poteva non occuparsi anche di uno dei giacimenti fossiliferi più noti del mondo, Bolca, località dei Monti Lessini, proprio nella provincia di Verona. Il giacimento ha restituito un’abbondantissima fauna dell’Eocene (circa 50 milioni di anni fa), costituita soprattutto da pesci fossili (fig. 2) ma anche da rettili marini, molluschi, crostacei e piante, che hanno arricchito i musei paleontologici non solo di tutta Italia.


Figura 2 – Il pesce fossile Mene rhombea, esposto al Museo di Geologia e Paleontologia di Padova


Di Bolca si trova traccia per la prima volta nella storia della geopaleontologia nel 1555, grazie ad un saggio di Andrea Mattioli, che scrive: “Alcune lastre di pietra portate dal Veronese in cui (sfendendosi nel mezzo) si ritrovano scolpite diverse spetie di pesci con ogni lor particula”.
Arduino si recò a Bolca per la prima volta nel 1740 e disegnò uno schizzo molto accurato dell’area, mostrando propensione non solo per le rocce con le relative proprietà metallurgiche (in fondo, il suo interesse professionale primario) ma anche per le stratificazioni caratterizzanti i depositi. Il disegno, eseguito a matita e poi ripassato a china, è stato definito uno dei primi schizzi geologici eseguiti con finalità di analisi scientifica. Ad esempio, nel Monte Postale individua dei calcari marnosi a lastre con piante e pesci fossili, al di sopra dei quali descrive un livello di tufo, un “Sasso bianco con terebre” (invertebrati marini) e un “Sasso bianco con numulari” (protozoi unicellulari tipici dell’Eocene). Dimostra quindi, ben prima dell’enunciazione dei principi fondamentali della stratigrafia moderna, di aver compreso l’importanza di descrivere dal basso verso l’alto (oggi diremmo appunto “in ordine stratigrafico”) alcuni pacchi di rocce caratterizzati da una litologia e un contenuto in fossili peculiare, differenti gli uni dagli altri.
Manca invece, nelle analisi del veronese, qualsiasi riferimento al tempo geologico o alla durata dei fenomeni geologici responsabili della deposizione delle rocce fossilifere che tanto accuratamente descrisse.


Miniere ed Ere (geologiche)
Nel 1753 fu chiamato da una società livornese ad avviare alcune miniere scoperte in Toscana, regno dei Lorena, e diresse una fonderia a Montieri (Grosseto). Richiamato nel 1755, dimorò due anni e mezzo a Livorno, scoprendo e sfruttando una miniera di rame e “vetriolo azzurro” (solfato di rame) nel torrente Merse di Boccheggiano, ancora nel cuore delle colline metallifere grossetane; valutò la ricchezza della miniera di mercurio di Silvena, nella regione di Santa Fiora (Grosseto), e ne consigliò i metodi di sfruttamento. 
Le attività estrattive di rame e pirite perdurarono anche nei secoli successivi, ed ancora oggi, lungo il torrente Merse, la località nota come Le Roste (fig. 3) raccoglie i residui ferrosi, resti delle lavorazioni che continuarono fino agli anni ’90 del XX secolo, quando la miniera di Boccheggiano fu chiusa.


Figura 3 – Località Le Roste, con i residui ferrosi
Ma come egli stesso scrisse, la sua "passione dominante" furono degli studi geologici che andassero oltre le applicazioni nelle attività minerarie, attraverso l'osservazione diretta, la raccolta di campioni, l’impiego dell'analisi chimica. 
Senza tralasciare la preparazione (da autodidatta) formata sui testi dei maggiori naturalisti e mineralisti dell’epoca: come anche recenti indagini storiografiche hanno appurato (si veda Vaccari, 1996 per approfondimenti), la ricca biblioteca dell’autore iniziò ad arricchirsi nella seconda metà degli anni ’50, con il ritorno a Vicenza. Linneo, Buffon, Stenone e i più autorevoli mineralisti mitteleuropei permisero ad Arduino, che leggeva perfettamente testi francesi e tedeschi, di arricchire dal punto di vista teorico le sue esperienze da “osservatore” della natura e da “professionista del sottosuolo”.
Tra le sue opere maggiormente significative dal punto di vista geologico, ricordiamo le “Due lettere sopra varie osservazioni naturali dirette al Prof. A. Vallisnieri”: in particolare, nella lettera spedita al medico e naturalista veneziano, del 30 marzo 1759 propose la divisione degli strati rocciosi in quattro ordini, ancorati a quattro intervalli della storia della Terra succedutisi nel tempo, per cui Arduino può essere considerato il padre della nomenclatura delle Ere Geologiche che, pur emendate nel significato, portano ancora oggi queste denominazioni (es.: Era Primaria o Paleozoica, Era Secondaria o Mesozoica ecc.).
Il contenuto delle lettere, pubblicate poi nel 1760, era frutto delle ventennali escursioni per i suoi amati monti, delle sistematiche indagini nella vallata dell'Agno (di cui fece uno schizzo geologico, fig. 4), da Montecchio alla conca di Recoaro, dell’esplorazione di grotte profonde, soprattutto di quelle dei monti Berici, con particolare attenzione alla formazione delle stalattiti. Arduino distingue “la serie degli strati che compongono la corteccia visibile della terra... in quattro ordini generali e successivi”, preceduti da un’era primeva e corrispondenti appunto alle ere geologiche, da lui denominati, a cominciare dal più antico, "Primario", "Secondario", "Terziario" e "Quaternario", formatisi "non solo in tempi, ma anche in circostanze assai diverse” e definiti in base alle caratteristiche delle rocce e dei resti fossili in esse contenuti. La sua idea era che ciascuno di questi periodi fosse delimitato da fenomeni naturali come alluvioni e glaciazioni.


Figura 4 – Sezione geologica della Valle dell’Agno, 1758
(Biblioteca Civica di Verona, Fondo G. Arduino)
L'ordine Primario comprende una "divisione inferiore", costituita da rocce "primigenie", e una "divisione superiore", formata da conglomerati, provenienti dalla disgregazione delle prime: in questi livelli sono rarissimi i resti di animali marini. L'ordine Secondario è costituito dai monti composti da “innumerevoli strati di marmi e di pietre calcaree”, la maggior parte contenente “reliquie di animali marini”. Secondo l’autore, tutto il versante delle Alpi rivolto verso l'Italia è formato di rocce di “natura secondaria”. Nell'ordine Terziario Arduino include località formate da rocce calcaree, da arenarie ma anche da rocce eruttive, nonché “frantumi, ciottoli, arene, e polvere nate dal disfacimento di grandi porzioni de’ monti Primari e Secondari”: appartengono a questo ordine, secondo Arduino, la maggior parte dei colli ai piedi delle Alpi, le “colline di Tuffo e d’Argilla” della Toscana e le pendici appenniniche verso la Lombardia. Nello studio di questo ordine, egli descriveva per primo i colli Euganei come antichi vulcani “spenti”. All'ordine Quaternario, infine, appartengono i “numerosi strati formati per deposizione di materiali d'alluvione”: ciottoli e ghiaie che le acque dei torrenti hanno “condotti giù da’ monti dall’acque de’ fiumi”, formando le pianure. 
In realtà, lo schema arduiniano dei quattro ordini non ricalca nel merito le attuali Ere geologiche, perché egli intendeva esclusivamente fornire una descrizione e una caratterizzazione litologica delle località da lui studiate, senza prendere in considerazione eventi climatici e biologici e senza inquadrare le osservazioni in un contesto cronologico assoluto. Il merito di Arduino è però quello di aver saputo riconoscere la complessità e la cronologia relativa di alcuni eventi geologico-stratigrafici, e, seppure in forma generale, i processi litogenetici da lui descritti nei quattro ordini ricalcano quelli attualmente suddivisi nelle quattro Ere geologiche (prima di Arduino, Anton Lazzaro Moro aveva tentato una classificazione delle montagne in “ordine stratigrafico”, discernendo monti “Primari” da “Secondari”). Da notare come, in questo periodo fondativo delle pratiche lito-stratigrafiche, si va sempre più stringendo il legame tra la geologia del sottosuolo, un settore tecnico di lunga tradizione, e questa nuova disciplina scientifica in via di definizione.

Geologia agraria e altre applicazioni
Nel 1769, chiamato dal Senato veneto, si trasferì a Venezia come Soprintendente all'Agricoltura, una carica molto importante a cui si aggiunse più tardi la consulenza generale della magistratura delle acque.
Come detto nella prima parte, questi incarichi pubblici lo spinsero allo studio di svariati problemi applicativi in ambito minerario, metallurgico e agricolo: nel 1754 propose una nuova bussola agrimensoria; eseguì l'analisi chimica delle acque di Arzignano e Recoaro; inventò un nuovo tipo di forno a riverbero, sperimentato con successo nelle saline di Bema, per il quale ottenne nel 1791 una medaglia d'oro dal Senato veneto; scoprì i giacimenti di caolino e le miniere di allume del Vicentino; si occupò dell'estrazione dell'amido dalle patate, del prosciugamento delle paludi veronesi, dello stagionamento dei legnami. 
Ricordiamo, infine, i suoi studi sull'utilizzazione delle marne e del gesso per l'emendamento di alcuni terreni agricoli: in sostanza, affiancò le sue amate discipline geologiche al ruolo di soprintendente, e si può annoverare quindi come uno dei primi studiosi italiani di geologia agraria.
Nel 1774, Arduino tornò alla stratigrafia con un'altra fondamentale memoria (“Saggio Fisico-mineralogico di Lythogonia e Orognosia”), nella quale approfondì la propria classificazione lito-stratigrafica, lo studio delle rocce “primigenie” e dei fossili in esse contenuti e in cui, nella terza parte, sostiene l'origine organica dei bitumi.


Figura 5 – Frontespizio del Saggio Fisico-mineralogico di Lythogonia e Orognosia, 1774.
Studiò anche il metamorfismo di contatto, ossia l'azione che le alte temperature delle rocce eruttive esercitano sulle rocce sedimentarie quando ne vengono a contatto, esaminando la trasformazione del calcare in dolomia ed eseguendo l'analisi chimica degli strati calcarei a diversa distanza dalla roccia ignea.
All’autore va anche il merito di essere stato uno dei precursori della cartografia geologica: come visto nel caso di Bolca e della Valle di Agno, tra i manoscritti di Arduino abbondano infatti schizzi e sezioni geologiche, lavori molto precisi per le conoscenze dell’epoca. 
Pubblicò una cinquantina di scritti, di cui la metà di natura esclusivamente geologica e mineralogica, ed ebbe larga fama nella comunità scientifica della seconda metà del XVIII secolo, sebbene i suoi scritti fossero spesso accolti in pubblicazioni scarsa diffusione o in lettere private. Oltre quelli sopra citati, ricordiamo “Effetti di antichissimi estinti Vulcani, e altri fenomeni e prodotti fossili osservati da G. A.”, del 1782, frutto dei suoi studi sui vulcani estinti del vicentino assieme al padovano Alberto Fortis, un manoscritto incompleto dedicato alla “Genesi della presente faccia della Terra” (1771), nel quale si può trovare un approccio “attualista” (occorre studiare  le cause geologiche attuali perché esse non differiscono nella loro natura da quelle passate) e “Progetto per liberare Vicenza dalle alluvioni” (1782), un lavoro prettamente applicativo.
La corrispondenza e i messaggi di Arduino, in buona parte inediti, sono conservati a Verona nella Biblioteca comunale e testimoniano la statura europea dello scienziato veronese, anche in relazione all’influenza che ebbe su molti colleghi europei; altri messaggi, relativi alle ricerche e agli studi sulle miniere toscane, si trovano nella Biblioteca Nazionale di Firenze.
A Giovanni Arduino è stato dedicato nel 1976 un sistema di creste presenti sulla Luna, il Dorsum Arduino, mentre per mantenere viva la memoria di questo grande precursore, in verità spesso misconosciuto anche dalla comunità odierna delle scienze della Terra, restano un medaglione a bassorilievo nel cortile interno del Palazzo Ducale di Venezia e un busto in marmo nel vestibolo della sede comunale di Caprino, sua cittadina natale (fig. 6).


Figura 6 – Busto di Arduino a Caprino, sua cittadina natale


“Tanto grandi, e meravigliose sono le opere della natura.” (Giovanni Arduino)

Per saperne di più:

  • Arduino G., 1760. Sopra varie sue Osservazioni fatte in diverse parti del Territorio di Vicenza, ed altrove, appartenenti alla Teoria Terrestre, ed alla Mineralogia. Nuova Raccolta di Opuscoli Scientifici e Filologici (Venezia), 6. (lettera al Prof. Antonio Vallisnieri, 30 marzo 1759).
  • Lazzari C., 2002. Le Scienze della Terra nel Veneto dalle origini ai giorni nostri. Società Veneziana di Scienze Naturali, pp. 1-171.
  • Vaccari E., 1996. Giovanni Arduino e lo sviluppo della moderna geologia stratigrafica. In: Lazzari C., Bizzarini F. (A cura di), Giovanni Arduino e i geologi veneti del Settecento, Atti del Seminario. Società Veneziana di Scienze Naturali, pp. 37-54.
  • Zoccoletto G., 1996. Elezione di Giovanni Arduino come Soprintendente all’Agricoltura. In: Lazzari C., Bizzarini F. (A cura di), Giovanni Arduino e i geologi veneti del Settecento, Atti del Seminario. Società Veneziana di Scienze Naturali, pp. 55-81.


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