lunedì 24 novembre 2014

Una Finestra su Bobbio


 di Giovanna Baiguera
Fig. 1 - Ponte Gobbo, uno dei simboli di Bobbio
(opera di origine romana,
dalle tipiche arcate irregolari)

La valle del Fiume Trebbia, nel piacentino, costituisce un luogo di importanza unica nella storia dell'umanità e delle geoscienze, fatalmente incardinata sulla cittadina di Bobbio.
Bobbio deve la sua gloria innanzitutto a San Colombano e all'Abbazia da lui fondata nel 614, esattamente 1400 anni fa, poco prima della sua morte.
Furono i regnanti longobardi Teodolinda e Agilulfo ad affidare al monaco irlandese Colombano quest'area produttiva, dove abbondavano acque correnti (quindi pesci e mulini per le macine) e terre da coltivare (soprattutto per vino, olio e farina di castagne), adatte anche all'allevamento del bestiame, specialmente di ovini, preziosi per la realizzazione della pergamena. La zona era anche nota, sin dai tempi dei Romani, per le sorgenti termominerali, utilizzate per la produzione di sale e per uso terapeutico, attività ben presto assunte tra le occupazioni dei monaci.
La scelta del luogo non fu casuale e si rivelò strategica dal punto di vista politico, religioso e culturale.



L'abbazia, facendo leva sulla sua biblioteca/scriptorium, divenne un punto nevralgico delle scuole monastiche sparse nell'occidente allora conosciuto. Il feudo monastico di Bobbio si estendeva verso le attuali Toscana, Liguria, Lombardia e Piemonte, e comprendeva altri possedimenti sparsi in tutta Italia, con una flotta di imbarcazioni che collegavano, attraverso i mari, i fiumi e i laghi alpini, vaste aree del settentrione italiano. Lungo gli itinerari noti ai monaci si diffusero numerosi monasteri, anche in Europa, collegati da tante strade che divennero vie di pellegrinaggio e di scambio, dando impulso alla costruzione di castelli e fortificazioni.
Colombano, in virtù delle radici educative celtiche e al contempo cristiane, se da un lato, in forza della sua convinta conversione, assunse una propria rigida regola monastica (poi progressivamente sostituita da quella benedettina), seppe tuttavia anche intuire le necessità di apertura (potremmo dire di globalizzazione, in termini relativi) verso un futuro all'epoca tutt'altro che definito. Basti pensare che alla produzione di codici di argomento religioso si affiancava la copiatura di testi antichi sui più svariati argomenti, storici, artistici e scientifici, la cui divulgazione capillare nel territorio europeo contribuiva tra l'altro a diffondere la lingua latina e a tramandare le indimenticate tradizioni celtiche (1), in linea con un'idea-chiave del monaco irlandese, ovvero l'elevazione della dignità umana attraverso l'istruzione, per ciò aperta anche ai laici.
A Colombano si attribuisce pure la modernizzazione del sacramento della confessione e della penitenza, in forma privata anziché pubblica, nonché la prima citazione del termine Europatotius Europae», di tutta l'Europa), contenuta in una lettera indirizzata al papa Gregorio Magno, in cui auspicava l'unione dei popoli in una sola comunità cristiana.
Simbolo iconografico del Santo è la colomba bianca, spesso raffigurata sulla sua spalla e legata al suo nome, nonché a svariate leggende, da cui si ritiene tragga origine anche il tradizionale dolce pasquale italiano.

Fig. 2 – Immagine di San Colombano,
dalla vetrata della cripta
che ospita la sua tomba, a Bobbio.
Facendo un salto di svariati secoli, arriviamo al '900, quando Bobbio torna al centro dell'attenzione, stavolta della comunità scientifica, italiana e straniera.
Si erano già consumate, nei secoli addietro, le dispute tra le diverse scuole di pensiero di impronta filosofico-religiosa e scientifica sull'origine ed evoluzione della terra e sulla conoscenza delle rocce, finalmente viste quali testimoni dello svolgersi del tempo (di un tempo sempre più dilatato) e del tramutarsi dello spazio conosciuto. Una volta superati gli scogli etici e grazie alle scoperte che andavano sviluppandosi sui diversi fenomeni naturali e sul modo di servirsene per i più diversi scopi, furono possibili notevoli avanzamenti nel campo delle scienze.
Tuttavia, rimanevano diverse conquiste da compiere all'inizio del secolo, quasi scontate per noi oggi ma non banali per l'epoca.
Per quanto ci riguarda era ancora in atto, ad esempio, relativamente alla formazione dell'Appennino Settentrionale, una contrapposizione particolarmente accesa tra le concezioni autoctoniste e quelle alloctoniste. La quasi totalità dei geoscienziati italiani, autoctonista, assisteva diffidente alle ipotesi faldiste di quelli stranieri, di formazione alpina. Si narra che i primi outsider italiani furono osteggiati dal Regio Comitato Geologico che rifiutò i loro lavori, ancorché pubblicati sul Bollettino della Società Geologica (eravamo intorno al 1930 e la teoria della deriva dei continenti era appena maggiorenne).
Ma le teorie faldiste divennero ben presto irrinunciabili, prendendo forma anche in Appennino, come dimostra la definizione, nel 1929, della Finestra di Bobbio, che potremmo considerare un inizio della resa allo schema interpretativo basato sulla sovrapposizione di terreni stratigraficamente disgiunti.
Ciononostante, in un primo tempo, i meccanismi di dislocazione erano ancora sottovalutati e prevalentemente attribuiti a fenomeni per lo più gravitativi a grande scala (si parlava di frane orogenetiche, cunei composti, intrusioni diapiriche, ecc.). Il concetto di falde di ricoprimento si affermò solo alla fine degli anni '50, quando si riconobbe definitivamente nella tettonica il motore delle traslazioni, di entità finalmente ampia e sufficiente a mettere in relazione anche l'evoluzione alpina con quella appenninica.
Ancora una volta, le evidenze emiliane si rivelarono strategiche per supportare le nuove concezioni. La Finestra di Bobbio, in particolare, conobbe una vera e propria esplosione della ricerca stratigrafica e strutturale negli anni '60 e '70. Gli elementi di osservazione spaziavano su più temi e su diverse scale (quelle massime e minime possibili per le cognizioni del tempo).
Per giunta, si era da poco sviluppata l'idea delle risedimentazioni ad opera di correnti di torbida sottomarine, le cosiddette torbiditi, che vennero riconosciute e studiate in maniera pionieristica proprio nel cuore della Finestra. Fu lì che nacque, infatti, una vera e propria scuola interpretativa delle successioni torbiditiche, che spaziava dall'individuazione del singolo evento (l'accoppiata arenaria-argilla, riconosciuta come prodotto di un unico franamento subacqueo e utilizzata per definire l'unità stratigrafica più elementare, lo strato, ciò che potrebbe considerarsi il bit della stratigrafia del XX secolo) al concetto di sequenza, dall'analisi di facies al modello geologico, con la definizione di classificazioni e modelli di notevole interesse accademico, ed anche economico, per le ampie applicazioni nella ricerca degli idrocarburi.
Le torbiditi rappresentano grandi volumi di sedimenti trasportati per lunghe distanze, spesso associati a fasi di intensa deformazione o comunque legati a eventi catastrofici, come sismi e poderose alluvioni. In più, dalle loro caratteristiche, di spessore, composizione mineralogica, orientamento delle paleocorrenti, ecc., si possono ricavare informazioni impareggiabili sulle evoluzioni bacinali e, quindi, paleogeografiche di una determinata area.








Fig. 3 – Torbiditi della Formazione di Bobbio (Arenarie di San Salvatore Auctt.).
(da osservare: strati in sezione a diverse scale, con livello a slump indicato dalla freccia gialla; basi di strato con strutture da carico e da trascinamento; porzioni sommitali di strato con increspature e bioturbazioni)

Ma che cos'è esattamente la Finestra di Bobbio?
Una finestra tettonica costituisce un affaccio sul substrato sovrascorso, normalmente nascosto.
Si tratta, in questo caso, dell'evidenza in affioramento della sovrapposizione delle Unità Liguri sulle Unità Subliguri, a loro volta sovrapposte alle Unità Toscane, ovvero delle tre principali unità tettoniche dell'Appennino Settentrionale. Unità geneticamente differenti, impilate, dopo un trasferimento di centinaia di chilometri, per effetto della convergenza tra la placca iberico-europea e quella adriatico-africana, dapprima separate da un oceano e poi coinvolte nelle deformazioni compressive, in profondità con la subduzione di una placca sotto l'altra e in superficie con la costruzione dell'edificio appenninico. Al tetto le unità più vecchie (fino almeno al Cretacico) ospitano le vestigia di quell'antico oceano, mentre le unità sottostanti, originate, nelle loro componenti più giovani, in tempi molto più recenti (fino al Miocene), rappresentano la cospicua sedimentazione di avanfossa torbiditica, associata ai margini continentali della placca adriatica in sottoscorrimento.
Questa e altre poche Finestre emiliane (vedi figura seguente) rivelano dunque che le Unità Toscane, estesamente affioranti nell'Appennino toscano e umbro-marchigiano, si prolungano al di sotto delle Unità Liguri, superando il “nodo” delle Alpi Apuane.

Fig. 4 – Schema 3D dell'Appennino Settentrionale (Canetolo sta per Subligure)
(Elter 1994, da Itinerari geologico-ambientali nella Val Trebbia della Regione Emilia-Romagna, op. cit.)

Ulteriori scoperte riguardanti queste aree si sono rivelate assai preziose nella ricostruzione degli eventi passati.
In primo luogo, nelle giovani arenarie toscane affioranti al nucleo della Finestra (costituite da uno spessore complessivo di circa 1000 m) è stata riscontrata la presenza di rocce metamorfiche di provenienza alpina, prova che nel Miocene l'apparato alpino era già formato, emerso e in forte erosione, tanto da rifornire i profondi bacini marini del dominio appenninico.
Informazioni altrettanto importanti sono state dedotte dalle analisi sulle torbiditi subliguri (in posizione cronologica e paleogeografica intermedia tra le unità toscane e liguri) affioranti nella valle del Torrente Aveto, tributario del Trebbia a monte di Bobbio. La composizione andesitica di queste arenarie, di colore tipicamente verde, rimanda agli archi magmatici connessi alle zone di subduzione, a conferma dei processi ancora attivi durante l'Oligocene.
Ancora, le sorgenti termominerali testimoniano la presenza di fluidi (nei serbatoi arenacei delle torbiditi) in condizioni prossime a quelle connate o comunque fortemente influenzate dalle vicende di sepoltura e successivo sollevamento.

Fig. 5 – Sorgente dolce e fredda accanto a sorgente calda e mineralizzata,
a Salsominore, in Val d'Aveto
(si notino, tra gli elementi costruttivi del muro,
le arenarie verdi citate nel testo, Arenarie della Val d'Aveto Auctt.)

Occorre infine rendere omaggio al gioiello paesaggistico dei meandri incassati, unico nel suo genere, almeno per quanto riguarda le nostre montagne, e strettamente legato alla presenza della Finestra.
Si ritiene infatti che le arenarie presenti al nucleo della Finestra siano state portate alla luce da due fattori concomitanti: un alto strutturale del Dominio Toscano e una forte erosione di fondo operata dal Trebbia nel corso degli ultimi millenni (a partire dal Pleistocene iniziale, si stima). L'importanza del fenomeno si manifesta in tutta evidenza a monte di Bobbio, dove, per diversi chilometri (lungo il Trebbia e lungo l'Aveto), profonde incisioni meandriformi solcano la dura arenaria. Un andamento sinuoso che normalmente si sviluppa su terreni pianeggianti (come nell'attuale Po, ad esempio proprio in corrispondenza del capoluogo provinciale) e che in questo tratto del Trebbia ha potuto in passato formarsi e poi conservarsi, proprio grazie all'elevata resistenza delle arenarie, fornendo interessanti indizi circa l'evoluzione idrografico-geomorfologica e quindi geologica dell'area.


Fig. 6 – Meandri del Po e meandri del Trebbia(freccia gialla: punto di scatto dell'immagine successiva)(da Google Earth)



Fig. 7 – Un meandro del Trebbia



(1) La diffusione della cultura celtica da parte dei missionari irlandesi, vista dal fronte delle conoscenze storiche, ha il sapore di un bizzarro recupero di echi mai del tutto spenti in questi territori.
I
nfatti, nei secoli a.C., queste come altre aree furono abitate da gruppi tribali celtici, poi massicciamente spiazzati (tramite processi di assimilazione, sottomissione o anche espulsione) dalle genti di origine greca e romana, che imposero la loro cultura nel continente europeo, tanto più in quello mediterraneo.Secondo alcuni studiosi, lo stesso nome di Bobbio potrebbe derivare da Boi, gruppo celtico di origine boema che si stabilizzò in Emilia attorno al III-II sec. a.C..Non dimentichiamo, poi, che le presenze celtiche in questa zona sono riferite dalle cronache storiche in relazione alla battaglia del Trebbia, episodio della seconda guerra romano-punica in cui si dimostrò chiaramente l'atteggiamento delle diverse tribù locali, sempre pronte a rifornire i campi di battaglia di contingenti forti e spietati, ma ripetutamente in bilico tra i diversi schieramenti, in questo caso di Roma e Cartagine, per godere dei favori del vincitore. La battaglia fu combattuta nel dicembre del 218 a.C. a valle di Bobbio, sugli ampi terrazzi alluvionali del fiume, quando l'esercito di Annibale, composto da uomini ed elefanti, attraversate le Alpi dalla Spagna giunse nella pianura padana decimato, ma poi significativamente rafforzato in loco dalle popolazioni celtiche, arrivando a sconfiggere le truppe alla guida dei consoli romani (anch'esse peraltro affiancate da Celti), i cui sopravvissuti si ritirarono nelle colonie di Piacenza e Cremona. Via via, però, con l'avanzare della potenza romana, i vari gruppi celtici residui si arresero ricevendo dignità di colonie latine.I secoli che seguirono, con la decadenza dell'Impero Romano, indebolito dalle invasioni barbariche, trasformarono l'Europa in una terra che appariva, agli occhi delle gerarchie religiose dell'epoca di Colombano, in gran parte germanizzata e scristianizzata. Dell'antica presenza celtica (lontana ma molto duratura) permanevano tracce significative, nei toponimi, nei tipi fisici, nelle tradizioni popolari, senza contare che al mondo celtico avevano pure attinto, per altra via, gli stessi popoli classico-mediterranei o germanici.

Per saperne di più:
  • Ludwig O. (1929), Geologische Untersuchungen in der Gegend von Bobbio im Nord Apennin, Geologische Rundschau, Vol. 20, Issue 1, pp. 36-65.
  • Kuenen Ph.H. e Migliorini C.I. (1950), Turbidity currents as a cause of graded bedding, Journal of Geology, Vol. 58, pp. 91–127.
  • Bouma A.H. (1962), Sedimentology of some flysch deposits, a graphic approach to facies interpretation, Elsevier, Amsterdam, 168 pp.
  • Campbell C.V. (1967), Lamina, laminaset, bed and bedset, Sedimentology, Vol. 8, pp. 7-26.
  • Mutti E. e Ghibaudo G. (1972), Un esempio di torbiditi di conoide sottomarina esterna: le Arenarie di San Salvatore (Formazione di Bobbio, Miocene) nell'Appennino di Piacenza, Memorie dell'Accademia delle Scienze di Torino, Classe di Scienze Fisiche, Matematiche e Naturali, Serie 4, n. 16, pp. 1-40.
  • Mutti E. e Ricci Lucchi F. (1972), Le torbiditi dell'Appennino settentrionale: introduzione all'analisi di facies, Memorie Società Geologica Italiana, Vol. 11, pp. 161-199.
  • Mutti E., Bernoulli D., Ricci Lucchi F. e Tinterri R. (2009), Turbidites and turbidity currents from Alpine ‘flysch’ to the exploration of continental margins, Sedimentology, 56, pp. 267–318 (e relativa bibliografia riepilogativa).
  • Ogata K., Pini G.A., Carè D., Zélic M. e Dellisanti F. (2012), Progressive development of block-in-matrix fabric in a shale-dominated shear zone: Insights from the Bobbio Tectonic Window (Northern Apennines, Italy), Tectonics, 31, TC1003, 21pp (e relativa bibliografia riepilogativa).
  • Servizio Geologico d'Italia, Carta Geologica d'Italia alla scala 1:50.000, con Note Illustrative, Foglio 197 Bobbio (1999).
  • Servizio Geologico d'Italia, Carta Geologica d'Italia alla scala 1:50.000, con Note Illustrative, Foglio 179 Ponte dell'Olio (2005).
  • Regione Emilia-Romagna, Itinerari geologico-ambientali nella Val Trebbia, scala 1:30.000 (2002).
  • http://ambiente.regione.emilia-romagna.it/geologia/divulgazione/link/val-trebbia (descrizione dell'itinerario geologico-ambientale della Val Trebbia)
  • I Celti, Guida alla mostra in Palazzo Grassi, Venezia, testi a cura di Arslan E. e Kruta V. (1991).
  • http://www.amicidisancolombano.it/ o https://it-it.facebook.com/AmiciSanColombano (associazione culturale in memoria di Colombano)
  • http://www.ilnotiziariobobbiese.net (attualità e passato del bobbiese)

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